L’Ente Nazionale Protezione Animali, attraverso il presidente del Consiglio Nazionale, Marco Bravi, che è anche il responsabile della Sezione Enpa di Torino, ha chiesto al presidente della Federazione Nazionale degli Ordini Veterinari Italiani (FNOVI) di radiare dall’Albo Luciano Ponzetto, il veterinario di Caluso (Torino) che si è fatto immortalare con il corpo di un leone appena abbattuto nel corso di un safari in Tanzania. «Riteniamo che il veterinario di Caluso Luciano Ponzetto abbia semplicemente sbagliato lavoro – dichiara Bravi -. Il giuramento di Ippocrate cita, fra l’altro, un elemento dirimente quale “regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio; mi asterrò dal recar danno e offesa”. Questo, a prescindere dall’obbligatorietà o meno di quel giuramento, dovrebbe essere un principio deontologico “erga omnes”. O forse Ponzetto, con il suo comportamento, vuole dirci che per un veterinario è lecito discriminare tra uomini e animali; che quei principi valgono solo per i primi; che i secondi si distinguono fra animali d’affezione (paganti) e gli altri da massacrare a piacimento?» Ma la richiesta di radiazione non è l’unica iniziativa presa dalla Protezione Animali che ha anche chiesto ai Comuni convenzionati con il canile di cui Ponzetto è direttore sanitario, di disdire la convenzione. «Sapere che a questo dottore, che non ha avuto remore ad uccidere un leone per una presunta forma di divertimento, è affidata la direzione sanitaria del canile di Caluso e che quindi da lui, nella forma e nella sostanza, dipendono quotidiane scelte di vita e benessere degli animali a lui affidati, ci preoccupa. D’altronde – prosegue Bravi – ormai la cronaca ci ha abituato a tutto: anche al fatto che qualcuno, come il dottor Ponzetto, possa affermare “amo gli animali anche se li uccido”. A lui replichiamo amore e morte si escludono a vicenda e non possono mai conciliarsi». «Una società che vuol dirsi civile – conclude Bravi – non può accettare queste incongruenze sulla pelle dei più fragili, che dagli animali spesso si trasferiscono sulle categorie umane più deboli. Chiediamo quindi con forza che i soldi pubblici spesi, in base alla normativa vigente, per la prevenzione e la cura degli animali dai Comuni convenzionati con il canile di Caluso non vadano poi nelle tasche di chi, per la sacralità e il rispetto della loro vita, appena varcati i confini nazionali, per tale vita ha dimostrato disprezzo».