Domani, martedì 14 dicembre, alle 21, al Teatro Alfieri di Asti, prosegue Parole d’Artista, V stagione in residenza del Teatro di Dioniso. Vittorio Franceschi diventa interprete unico di A corpo morto per la regia di Marco Sciaccaluga, produzione Teatro Stabile di Genova.
«La drammaturgia di oggi deve affrontare grandi temi: non storie che si svolgono tra il tinello e la camera da letto, ma la vita, la morte, il rapporto con gli altri esseri umani»: con questa convinzione Vittorio Franceschi attore, regista e scrittore, ha creato un pezzo di teatro insolito: cinque lancinanti monologhi, di altrettanti personaggi, assai diversi tra loro, che si alternano come protagonisti in scena attraverso le maschere di Werner Strub  davanti ai corpi morti di persone care. Cinque riflessioni sull’esistenza, cinque ultimi omaggi fatti a una persona cara: un ragazzo si rivolge alla compagna sempre amata, una moglie al marito con cui ha vissuto tutta la vita, un padre al figlio, una figlia alla madre e un barbone a un compagno di strada.  Il tono, però, in questo caso non è quello del compianto, ma di un’acre riflessione – spinta a volte sino al cinismo , al grottesco, – sul peso del dolore sul rapporto tra chi se ne è andato e chi rimane.

Franceschi si conferma un  autore capace di unire l’invenzione poetica con gli agganci all’attualità: attraverso il filtro della morte egli getta uno sguardo feroce sulla vita, sul nostro tempo, cogliendone volgarità e contraddizioni.
A corpo morto.?Cinque riflessioni sull’esistenza umana, sulla realtà quotidiana: un ragazzo si rivolge alla compagna sempre amata in silenzio, una moglie al marito con cui ha vissuto tutta la vita, un padre al figlio, una figlia alla madre e un barbone a un compagno di strada.
Scaturite da vari punti di osservazione e frutto di esperienze dissimili, queste piccole tranches de vie finiscono per congiungersi in un unico sentiero e fondersi in un’unica riflessione, andando poi a confrontarsi con quell’eterno muro invalicabile, che Franceschi chiama mistero, insensatezza, paura, sberleffo, oblio… insomma il buio, il dopo, o se si preferisce il tutto e il nulla.

Vittorio Franceschi

Attore, autore e regista teatrale, Vittorio Franceschi, dopo le prime esperienze di teatro-cabaret all’inizio degli anni ’60, ha lavorato a lungo allo Stabile di Trieste dove nel 1964 fu allestita la sua prima commedia Pinocchio minore – favola perbene con burattini di carne e nel 1966 Gorizia 1916 – documentario per il teatro sulla prima Guerra Mondiale. Nel 1968, con Dario Fo e Franca Rame, è tra i fondatori dell’Associazione Nuova Scena; dopo l’uscita per divergenze politiche di Fo e Rame (1970), resta alla guida di Nuova Scena fino al 1981, trasferendone la sede da Milano a Bologna e trasformandola in Cooperativa.
Fra i suoi testi rappresentati in quegli anni, Un sogno di sinistra (1969), La ballata dello spettro (1974) e L’Amleto non si può fare (1976). Poi scrive Monologo in briciole (1984), Beckett-concerto(1987), Ordine d’arrivo (1988), Scacco pazzo (1991, regia di Nanni Loy), Jack lo sventratore (1992, regia di Nanni Garella). Nel 1999 scrive Cabaret da viaggio, L’uomo che mangiava i coriandoli, nel 2001 La signora dalle scarpe strette (regia di Walter Le Moli).?Traduce L’ispettore generale di Gogol per lo Stabile di Genova e la regia di Matthias Langhoff. Nel 2002 L’Arca di Gegè; nel 2004 pubblica il volume in versi Stramba Bologna sghemba. Del 2005 è la commedia Il sorriso di Daphne per la regia di Alessandro D’Alatri; del 2007 il monologo Dialogo col sepolto vivo.?Franceschi è Condirettore della Scuola di Teatro Alessandra Galante Garrone di Bologna, dove insegna recitazione.