E’ stato Antonio Pennacchi, autore di Canale Mussolini, ad aggiudicarsi questa edizione del Premio Asti d’Appello, dopo una serata intensa, al teatro Alfieri pieno in ogni ordine di posto, condotta da Alessandra Appiano e culminata con l’attesissimo concerto di Roberto Vecchioni.

 

Lunghi applausi sono stati tributati dal pubblico agli scrittori in concorso: tutti secondi, a pari merito, Silvia Avallone, Camilla Baresani, Nicolai Lilin, Margherita Oggero, Laura Pariani e Vauro Senesi.

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Qui il video della serata: http://www.youtube.com/astidappellořp/a/u/0/bPaCFysdWx4

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L’energia di Silvia Avallone, le tesi complottistiche di Camilla Baresani, la sofferenza di Nicolai Lilin, la semplicità di Margherita Oggero, una dose di utopia nelle parole di Laura Pariani, l’impeto di Antonio Pennacchi e l’ironia mista ad amarezza di Vauro Senesi: tutto questo fa un premio letterario, o meglio, l’edizione 2010 del Premio Asti d’Appello.
Tutto questo nelle arringhe che gli scrittori in concorso, domenica, hanno rivolto ai giudici a Teatro Alfieri, ciascuno alla ricerca di una forma di riscatto.
Sponsorizzando il suo “Acciaio”, Avallone ha chiesto che si puntassero per una volta i riflettori sulla vita della fabbrica e sulla famiglia, sul lavoro, sulle cose reali.
La Baresani ha lamentato per “Un’estate fa” l’esclusione da trasmissioni come “Che tempo che fa” o “Parla con me”, l’assenza di recensioni sulle maggiori testate nazionali: un iniquo “complottino” ai suoi danni, a cui proprio Asti d’Appello poteva porre rimedio, in cambio l’autrice prometteva una fascetta recante la citazione del premio astigiano per le riedizioni del suo volume.
Di tutt’altro stampo le parole di Lilin, la cui tormentata vicenda personale pare non lasciare spazio all’ironia, se non per brevi istanti (“Non sapevo che avrei dovuto parlare a favore del mio libro, poi è strano trovarsi di fronte ai giudici senza aver fatto nulla di preoccupante”). “Caduta libera” è duro come già “Educazione siberiana”. Nasce dalla necessità di spiegare la guerra al mondo civile, che ne ignora le reali dinamiche e gli orrori: “La distruzione, il sangue, la morte non sono i soli incubi della guerra. Il vero orrore è quello di chi sopravvive – ha spiegato Lilin -. Non mi sento di chiedere nulla a nessuno, per me è già un premio essere qui”.
Margherita Oggero non si è smentita: ha atteso con un sorriso paziente che i tecnici le abbassassero l’asta del microfono, spiegando che appartiene a una generazione che ha mangiato poca carne. Poi ha raccontato i tratti essenziali di “Risveglio a Parigi”: un libro di vita ordinaria che conduce verso lo scioglimento delle “adolescenze attardate” delle sue protagoniste trentenni. “I critici lo incasellerebbero nella categoria dei romanzi di formazione. Ma una formazione lievemente tardiva”.
La Pariani ha scelto di parlare come avrebbe fatto il suo protagonista, Dante, un barbone che si aggira “passin passetto, con l’anca legnosa per i reumi” nella Milano del 1969. “Milano è una selva oscura” offre una rilettura degli eventi dal basso, dagli occhi di un invisibile, uno sconfitto, uno di quelli che hanno fatto “lo gran rifiuto”, vittima di molte ingiustizie, ed è convinto che la durezza di giudici e magistrati dipenda dalla scomodità degli scranni da cui prendono le decisioni: alla Corte di Asti d’Appello, Pariani ha quindi rivolto la preghiera di eleggere il vincitore da una seduta comoda, rilassata, in un clima disteso.
A un punto di vista dall’alto, invece, si è riferito Vauro Senesi, che ne “La scatola dei calzini perduti” ha scelto di rubare lo sguardo di un immigrato. Per questo il celebre vignettista di Annozero ha voluto fare un richiamo all’attualità chiedendosi come ci vedevano dall’alto della gru nel Bresciano, i quattro immigrati che stavano scioperando in cerca “di un’identità che il nostro Paese gli nega”. “Intanto – ha scherzato Vauro – io mi sto presentando davanti a questi giudici, c’è qualcun altro che trova ogni espediente per non farlo”.
Anche l’autore di “Canale Mussolini” ha voluto esordire all’insegna dell’ironia: “Se c’è un motivo per cui devo essere io a vincere questo premio e non gli altri scrittori – ha ricordato un appassionato Antonio Pennacchi  – è che io ho fatto il militare ad Asti quarant’anni fa, alla Colli di Felizzano, e non ci sono stato bene! Quindi, per consolazione, datemi questo premio”. Pare che l’argomento abbia funzionato.
Marianna Natale