Dopo “99 Click + 1” torna la grande fotografia al Fondo Giov-Anna Piras di via Brofferio 80: oggi alle 18 inaugurazione della mostra “Serie InContemporanea. La fotografia come meta-narrazione”. Flavio Piras torna così a proporre scatti d’autore articolati in una selezione di immagini in serie in un percorso che evidenzia il potenziale versatile della fotografia, poiché ne illustra la capacità di rinnovarsi, a livello contenutistico quanto formale, per mezzo di espedienti come la “moltiplicazione” dei fotogrammi, gesto che in qualche modo fa riferimento al fatto che concetti e messaggi sono come pervasi da un’ incontenibile espansione dei canali di comunicazione, tanto da dovere essere espressi per mezzo di più immagini.
La serialità rappresenta una forma di frantumazione dell’idea che si riunisce poi in un unico insieme, come a volere sottolineare la necessità di attingere ad un immaginario sempre più complesso, dove quella che una volta spiccava come “opera unica”, si scioglie in un approccio via via sempre più simile a quello narrativo. Questo modo di fare fotografia riassume bene lo slancio alla progettualità vissuto dall’arte contemporanea, ovvero l’aspirazione ad una modalità espressiva che non si ferma alla creazione estemporanea ma che anzi punta ad estendersi oltre l’oggetto/soggetto e ad articolarsi in più punti, proprio come accade nel progetto.
Il progetto rappresenta di per sé un percorso cognitivo che preesiste al risultato; creare un progetto in arte equivale a pianificare una successione (una serie, per l’appunto) di gesti che, solo se letti nel giusto ordine, daranno vita al risultato che il progetto vuole sortire.
La fotografia non è più ermetica; non è più fedele a se stessa; la fotografia sceglie, con consapevolezza crescente, cosa riprodurre per volere dell’artista e lo fa secondo un’ottica sempre più selettiva, creando un interspazio estetico dove l’aderenza tra oggetto e concetto è sempre più marcata.

Tra le aderenze che pongono la fotografia in relazione con i media della comunicazione moderna, non possiamo dimenticare quanto le serie fotografiche siano, tra le altre cose, il naturale esito della cinematografia.
Tra gli artisti presenti in mostra troviamo esponenti come Gregory Crewson e Li Wei che, seppure in modi diametralmente opposti, hanno reinterpretato, caricandole di significati simbolici, immagini di stampo palesemente cinematografico, che nel contesto seriale in cui sono state concepite, hanno trovato una valvola di sfogo al carico emotivo di cui si fanno portavoce.
Una fitta immersione nell’affascinante arte orientale contemporanea, pervasa da costanti implicazioni di stampo tradizionale, è resa dalla forte presenza di artisti cinesi e giapponesi; come nel caso di Zhang Huan, presente con una serie dal titolo Family tree, nove fotogrammi di grande formato dove la progressiva metamorfosi del volto dell’artista si realizza all’insegna della tradizione. Altre volte sono foto che evidenziano il dato spazio-temporale sfruttando la trasformazione subita dai luoghi per mezzo del movimento impresso dai soggetti riprodotti (Ale De La Puente). Forte è anche l’uso della serialità per esprimere la trasformazione che ha come soggetto il corpo (Luigi Ontani, Andrei Molodkin) o per mettere a confronto situazioni/concetti che hanno bisogno di più termini di paragone per realizzare la propria parabola comunicativa: questo il caso di Erwin Olaf nella video-foto installazione Rouge, lavoro di matrice palesemente pubblicitaria, oppure, all’altro estremo, di Oleg Kulik, nella cui serie Dead monkeys, i molteplici soggetti ritratti tassidermizzati, sono giocati dall’autore con l’intento di individuare le problematiche di trasmissione dei messaggi dal piano inconscio e individuale dell’artista a quello esteriore percepito dal pubblico.
Una forte differenziazione formale e di contenuto, ravvisabile a diversi livelli, caratterizza l’uso delle immagini fotografiche in serie come espediente per la resa narrativa o, semplicemente, come illustrazione del processo creativo dei vari artisti.

L’arte orientale contemporanea è protagonista con gli artisti cinesi e giapponesi Zhang Huan, Weng Fen, Wang Qingsong e Hiroshi Sugimoto. Vi sono anche opere di autori molto noti come Nan Goldin e Andres Serrano e di Paolo Bianchi, Maria Magdalena Campos-Pons, Ale De La Puente, Chiara Dynys, Oleg Kulik, Andrei Molodkin, Erwin Olaf, Luigi Ontani e Sebastian Piras.
Attraverso i contributi di questi artisti, esponenti di spicco del panorama mondiale, la rassegna esplora il concetto di serie in fotografia. Il percorso evidenzia il potenziale della fotografia, la capacità di rinnovarsi, tramite espedienti come la «moltiplicazione» dei fotogrammi, offrendo un’apertura delle possibilità di lettura, un ordinamento temporale e spaziale, quindi un racconto. Ideazione e cura della mostra sono di Flavio Piras. Il catalogo è di Elena Ientile e Melina Maton. La mostra, patrocinata dal ministero per i Beni e le Attività culturali, è realizzata con il contributo di Imesa Group e Art Hotel Italia. Resterà aperta fino al 30 settembre, da martedì a domenica in orario 10-13 e 15–19.