Ha aperto con una performance che unisce teatro, danza, arte circense e musica la 39ª edizione di Asti teatro, quest’anno sotto la direzione artistica di Emiliano Bronzino. Il festival propone 36 appuntamenti in poco più di due settimane, dal 23 giugno al 2 luglio con sei prime nazionali e un’anteprima. E con una svolta specificata dal tema «Nuove visioni»: le proposte giungono da compagnie per lo più giovani, emergenti e già affermate, che stanno dando un significativo contributo al rinnovamento del teatro italiano. Per l’apertura di venerdì scorso, “Ouverture” di Cirko Vertigo, 600 persone hanno affollato piazza San Secondo. La Banda Cotti ha accompagnato i numeri di giovani artisti provenienti da tutto il mondo con canzoni tratte dal musical West Side Story, da film come New York New York e classici pop firmati Abba e Donna Summer. Tra gli artisti del circo, che hanno utilizzato anche balconi e il tetto del municipio per i loro numeri, c’era pure un’astigiana, Cecilia Rosso, alle bande elastiche. Per ora gli spettacoli più affollati sono stati quelli di Generazione Disagio, Palmarosa band, “Geppetto e Geppetto“ di Tindaro Granata, “Performance for ropes, cloth and pulleys” di Francesco Fassone (in questi giorni approdato a Taiwan) e “Polvere. Dialogo tra uomo e donna” con Saverio La Ruina. Delicati e di grande attualità i temi affrontati in tutte le performance, a partire proprio da “Polvere”, botta e risposta tra due amanti sullo stile Carnage, con l‘esplosione di violenza psicologica tipica dei giochi di potere, figli dell’esasperazione del sentimento d’amore tra due individui, che diventano poi vittime o aguzzini l’uno dell’altra. Si confermano originali gli spettacoli proposti dal Collettivo teatrale Generazione Disagioche che ha dato voce alla frustrazione cinica e intollerante dei giovani che non trovano un posto in questo mondo fatto di contraddizioni e incertezze: diventa così un “brand” che pubblicizza il nichilismo, l’unica soluzione che risolve definitivamente il problema della vita e mette in commercio un grottesco gioco dell’oca, dove chi vince si suicida. Nello spettacolo “Dopodiché stasera mi butto”, le cavie sottoposte al gioco sono un laureando fuori corso, un precario e uno stagista, emblemi del nostro tempo che, guidati da un sadico conduttore, iniziano una corsa all’autodistruzione, con tappe che attraversano varie brutture dell’esistenza: la perdita di tempo, di valori e di dignità. Dall’inizio alla fine della storia, che incalza tra battute spiazzanti e un nonsense di fondo, si ride amaramente. Applauditissimo anche il loro altro lavoro, “Karmafulminien”, con in scena Luca Mammoli, Enrico Pittaluga e Graziano Sirressi a interpretare angeli senza ali che si confrontano con il tempo presente. Il testo di Riccardo Pippa, anche regista, s’intreccia con le invenzioni sceniche, meccanismi teatrali ingegnosi. Molto suggestivo l’esperimento di  “Farsi silenzio” nella chiesa del Gesù, spettacolo di Marcio Cacciola, con la drammaturgia di Tindaro Granata, che è stato presentato in prima nazionale, domenica sera. Cacciola ha presentato il resoconto di un pellegrinaggio laico, una ricerca dettata da un’esigenza personale con la confidenzialità del tramandare storie raccontandole a voce, con l’ausilio di cuffie che, tra stralci audio e un uso sapiente del mix, e  hanno fatto entrare gli spettatori nelle pagine del suo diario e in contatto con i suoi viandanti. Manuela Caracciolo