Il festival “Luoghi immaginari” è un treno che corre su due rotaie: la bellezza architettonica e la musica. Giunto alla sua nona edizione, si propone ogni anno di creare un prolifico connubio affiancando artisti in particolare piemontesi, ma anche stranieri, ad ambienti architettonicamente interessanti, sparsi per tutto il Piemonte.
Venerdì il treno si è fermato all’Archivio di Stato di Asti, dopo aver attraversato, tra le altre, la Villa Giulia di Verbania, la Basilica della Maddalena di Novi Ligure e il Castello di Desana.
L’Archivio ha accolto il Duonovecento, Giuseppe Canone e Ilaria Schettini, una formazione di successo internazionale. Canone è un musicista eclettico, che si è diplomato in clarinetto al Conservatorio “G. Cantelli” di Novara” e in sassofono al Conservatorio “A. Vivaldi” di Alessandria. Ha all’attivo l’incisione di diversi CD ed è stato allievo di illustri personaggi della scena musicale, tra cui Antony Pay, Gervase De Peyer, Leonardo Leonardi e Giuseppe Garbarino. Si dedica anche alla direzione d’orchestra e alla didattica. Nella performance astigiana ha dimostrato notevole versatilità, passando con disinvoltura e fluidità dal sassofono contralto al clarinetto e alla fisarmonica.
Ilaria Schettini invece è diplomata in pianoforte al Conservatorio “G. Verdi” di Torino, e si è perfezionata all’Ecole normale “A. Cortot” di Parigi e al “Sommerakademie Mozarteum” di Salisburgo. Ha anche una laurea in discipline musicali per pianoforte con indirizzo interpretativo-compositivo al Conservatorio “G. Cantelli” di Novara.
I due hanno percorso insieme la storia della musica del Novecento, riarrangiando i brani, anche se non sempre pensati per i loro strumenti, con un compiaciuto gusto della ricerca musicale e una curiosità stimolante.
La “Suite Hellenique” di Pedro Iturralde ha rotto il ghiaccio, con il suo sapore popolare elegantemente rielaborato in una interessante commistione fra danze elleniche, swing e jazz. Si è attraversato poi l’Oceano per incontrare la vena melodica di George Gershwin, che con i suoi “Tre Preludi” inizia la musica classica alle atmosfere jazz e black. Di Pedro Iturralde i due musicisti hanno ancora riservato al pubblico un’esclusiva delle malinconiche “Memorias”, leggendo lo spartito manoscritto che lo stesso autore ha inviato a Canone, non essendo mai state pubblicate; inoltre si sono esibiti nei virtuosismi sperimentali della “Pequena Czarda”, in cui il sassofonista percuote lo strumento stesso arricchendo la melodia di ritmi nuovi che si rincorrono in un gioco effervescente di passioni viscerali. La descrizione malinconica e meditativa del “Palhaço” di Egberto Gismonti ha accompagnato il pubblico in un sogno fiabesco.
Il Duonovecento ha concluso la serata con l’appassionato “Tango pour Claude” di Richard Galliano, e i brani più famosi dell’argentino Astor Piazzolla: l’estremo addio al padre “Adios Nonino”, la colonna sonora di un film “Oblivion” e infine il celeberrimo, intenso e suggestivo “Libertango”.
Ornella Darova