Non risulta, nell’Astigiano, la presenza organizzata di famiglie mafiose. Ci sono, piuttosto, soggetti che hanno legami di appartenenza con Cosa Nostra, gruppi di delinquenti con posizione marginale nella società”: così il procuratore della Repubblica di Asti, Maurizio Laudi, intervenuto sabato sera a Settime nell’ambito della rassegna I mesi del giallo.

Il magistrato, che negli ultimi otto anni ha diretto la Direzione distrettuale antimafia di Torino prima di prendere servizio ad Asti, ha conversato con Ombretta Ingrascì, ricercatrice e autrice del libro Donne d’onore-Storie di mafia al femminile (Bruno Mondatori Editore). Una serata ricca di riflessioni, proposta da Associazione Comunica e Comunità Collinare Val Rilate. Ha moderato Liliana Maccario dell’Associazione Libera-Asti, tra i soggetti impegnati a far nascere a Moncalvo, nella cascina confiscata a un mafioso, un centro di accoglienza per le donne vittime di violenza.

Diversa, rispetto all’Astigiano, la situazione dell’esistenza mafiosa in Piemonte. “La nostra è una regione – ha spiegato Laudi – in cui sono fortemente radicate famiglie della ‘ndrangheta. E’ una presenza organizzata e pericolosa ma del tutto diversa da quella che si registra in Calabria o in Sicilia e Campania. Qui la mafia non ha capacità di interferire nelle scelte della pubblica amministrazione: le sue attività illecite riguardano il traffico di droga, le estorsioni, la gestione delle scommesse clandestine e dei videopocker. Almeno una parte dei proventi viene reinvestita in attività legali che riguardano il settore dell’edilizia”.

Ombretta Ingrascì ha invece spiegato come sia cambiato il ruolo delle donne della mafia. “Da sempre – ha ricordato – le madri svolgono una funzione importantissima nella trasmissione del codice della cultura mafiosa, insegnando ai figli la consegna del silenzio e dell’omertà e istigandoli alla vendetta. Negli ultimi trent’anni sono diventate anche i soggetti che fanno eseguire gli ordini impartiti dai loro uomini in carcere o che trafficano con la droga. Non di rado hanno preso la guida della famiglia mafiosa, pur non potendo scalare i vertici di Cosa Nostra, perché le regole interne non consentono alle donne di diventare capo mandamento”.

Irriducibili fino a scontare il carcere duro o divenute poi collaboratrici di giustizia, le donne raccontate dalla Ingrascì hanno talvolta avuto un ruolo determinante nel “pentimento” dei propri uomini (come nel caso della  terza moglie di Buscetta). Laudi ha invece raccontato una storia diversa, a cui ha personalmente assistito: quella di un mafioso disposto a collaborare con i magistrati, “ma fortemente osteggiato, in questa sua scelta, dalla moglie e dall’amante: tanto da piegarsi, alla fine, al loro volere”.  

Questa settimana I mesi del giallo proseguirà con altri due appuntamenti dedicati agli scrittori: sabato 29 novembre, alle 21 alla Cantina dei vini di Costigliole, il pubblico dovrà individuare il colpevole del racconto “Giallo in vendemmia” scritto da Edoardo Angelino, mentre domenica 30, alle 16 al castello di Montiglio Monferrato, si parlerà di “Toghe mediatiche: che paura la tv giustizialista!” con Bruno Gambarotta e Renzo Cappelletto, autori di Giallo polenta e di Black pepper (appena uscito e edito da L’Ambaradan). Modera Stefano Labate. Lunedì 1° dicembre si presenterà alle 14, alla Biblioteca di Isola, il Piccolo dizionario delle paure redatto dai bambini della scuola primaria Tartaglino. Tutti gli appuntamenti sono a ingresso libero.