Continua la settima edizione della “Ruota del Mulino”, la rassegna itinerante di teatro negli 11 paesi della Comunità Collinare Val Tiglione e dintorni con direzione artistica del Teatro degli Acerbi, promossa dalla Comunità stessa e dai Comuni, sostenuta dalla Regione Piemonte, dalle Fondazioni C.R.Asti e C.R.T.. e con il patrocinio di Provincia di Asti e Associazione per il patrimonio dei paesaggi vitivinicoli di Langhe, Roero e Monferrato. Il prossimo appuntamento è per sabato 27 luglio alle 22 a Vinchio in piazza San Marco con “Il teatro partigiano di Beppe Fenoglio” diretto e interpretato da Beppe Rosso. Si tratta di uno spettacolo realizzato nel cinquantenario della morte dell’autore dal noto attore torinese, con adattamento del testo Filippo Taricco e dello stesso Beppe Rosso. La serata è realizzata in collaborazione con I.S.R.AT – Istituto per la storia della Resistenza in provincia di Asti e Associazione Davide Lajolo e prevede dalle ore 20.30 la visita alla Casa della Memoria della Resistenza e della deportazione ubicata in via Capitano E.Laiolo. L’atto unico “Solitudine” narra la vicenda di Sceriffo, un partigiano che, incapace di sopportare la solitudine dello sbandamento, decide di andare a fare visita ad una donna, nella cui casa troverà la morte. E’ questo l’ultimo atto della produzione fenogliana che si rivolge al teatro. La storia di Sceriffo non venne concepita in modo isolato, ma come parte di un dramma più ampio mai portato compiutamente a termine dall’autore, di cui rimangono alcuni frammenti. Lo spettacolo, attraverso un’operazione di montaggio, porta alla luce e intreccia quelle scene e quei frammenti del teatro “partigiano” che permettono di intravedere lo scheletro d’insieme di quest’ultimo lavoro incompiuto: con la fine degli eroi “epici” partigiani, e uno sguardo sulla solitudine storica ed esistenziale dei protagonisti, Fenoglio riesce a restituirci l’essenza dello sbandamento, con una precisione che a volte appare più nitida di quella raggiunta nel suo romanzo “Il partigiano Johnny”. Un attore solo in scena, campionature di suoni naturali restituiscono l’atmosfera del dramma, che ha un sapore a tratti beckettiano. Fenoglio stesso dà indicazioni precise sulla necessità delle pause, focalizzando il suo interesse sui silenzi e scrivendo un’intera scena gestuale, con una sola battuta in chiusura. Così lo recensisce Maura Sesia: “Un viaggio nelle profondità di un passato importante, necessario, quello della guerra partigiana e della Liberazione, descritto con vivezza da uno tra i migliori scrittori del novecento italiano, un’esperienza tra le pagine di Beppe Fenoglio che acquistano corporeità di fronte ad una platea catturata; l’adattamento è del protagonista e regista, Beppe Rosso, che ha fruito dell’apporto, per la drammaturgia, di Filippo Taricco. C’è affinità elettiva tra autore ed interprete in questo soliloquio semplice e terragno. Fenoglio non ha avuto il tempo di dedicarsi al teatro. La pièce rappresenta l’idea di quello che avrebbe potuto essere la sua drammaturgia. Tragica, ma occhieggiante umorismo. Rosso ha scelto, assemblato, cucito e strappato brani, per farne un unico abito, che non è allegramente versicolore come quello di Arlecchino, ha nuance tra bigio e verde delle tenute militari e tra rosso e azzurro dei fazzoletti partigiani. Solitudine, uno spettacolo dal teatro partigiano di Beppe Fenoglio allestito da Acti Teatri Indipendenti con il sostegno del Sistema Teatro Torino e Provincia, in collaborazione con la Fondazione Ferrero di Alba, deriva da un’opera precedente che la compagnia ha ripreso e rimodellato, puntando all’essenza e all’autenticità: scarne le scene e pochi gli oggetti di Lucio Diana, corde, legno, coperte, semi, sedie, farina, tabacco, polvere ed un foglio di metallo che balugina e bombarda. Cornici icastiche ed evocative, circoscrivono un racconto che all’inizio prolifera di personaggi incarnati quasi al contempo e poi segue alcune figure singole, con il loro nome di battaglia, sempre a braccetto con la morte che li coglie meschina anche in apparenti situazioni soavi. Quadri toccanti si materializzano, l’attore vive con esatto distacco il suo compito di veicolo di emozioni. Tutto è asciutto o prosciugato in Solitudine, prevale il buio nelle luci di Cristian Zucaro, il movimento, curato da Ornella Balestra, è limitato e netto ed è ulteriore segno di stile la voce fuori campo di Domenico Castaldo: rammenta la radio d’epoca, non fa che leggere le didascalie ma così contribuisce a consolidare l’atmosfera. Spettacolo pieno, da vedere e far vedere alle nuove generazioni. L’ingresso è gratuito.