Le inquietanti similitudini dei casi Alpi e Moby Prince, solo due dei tanti misteri dell’Italia contemporanea, hanno appassionato il pubblico che, sabato scorso, ha affollato la Biblioteca Astense per la rassegna I mesi del giallo. Chiamati a raccontare le due vicende Mariangela Gritta Grainer, autrice di “Ilaria Alpi. Una donna, la sua storia” oltre che portavoce dell’Associazione Ilaria Alpi, e Enrico Fedrighini, che ha scritto “Moby Prince, un caso ancora aperto”. Terzo ospite, Luciano Tarditi, sostituto procuratore della Repubblica di Asti, il cui atto d’accusa contro “un Paese profondamente ipocrita in tutte le sue articolazioni” ha particolarmente impressionato gli spettatori.

Ma il primo applauso dell’incontro, moderato da Mario Renosio, è andato a Marco Ciriotti, fratello di Tiziana, la giovane aiuto commissario di Monastero Bormida che, insieme ad altre 139 persone, morì, nel 1991, a bordo del traghetto della Navarma.

Le indagini di questi ultimi dodici mesi – ha indicato Fedrighini, tornato ad Asti a un anno di distanza dalla presentazione del proprio libro – hanno svelato che quella notte, nelle acque di Livorno, c’erano navi impegnate in una movimentazione illegale di armi e esplosivi, provenienti dalla prima guerra del Golfo ma non diretti, come si è sempre creduto, alla base americana militare di Camp Darby. Resta da capire a chi e dove fossero destinati. Inoltre l’oscuramento dei radar di bordo, che ha portato il Moby Prince a perdere in controllo andando a sbattere contro la Agip Abruzzo nel tentativo di rientrare in porto, potrebbe essere compatibile con uno scenario di guerra elettronica, cioè con il lancio di disturbi appositamente predisposti”.

Ultima, allarmante novità: “Quello che si credeva – ha ricordato Fedrighini – un attentato all’ex parà che da lì a poche ore avrebbe dovuto incontrare Carlo Palermo, avvocato dei familiari delle vittime, è stata una messinscena per intimidire i testimoni convocati dal magistrato che aveva riaperto le indagini sul Moby Prince. E infatti nessuno, nei giorni successivi, si è fatto vedere”.

Sul filo rosso che lega i due casi ha insistito Mariangela Gritta Grainer, consulente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. “Per tutte e due le vicende – ha indicato – ormai conosciamo la verità, che però non ha mai avuto evidenza giudiziaria. Ilaria Alpi e Miran Hrovatin sono morti perché indagavano su un traffico illegale di armi e rifiuti tossici e sulle coperture avvenute attraverso la cooperazione internazionale. Guarda caso una delle navi, donate anni prima dall’Italia alla Somalia, si trovava nelle acque di Livorno proprio mentre il Moby Prince bruciava con il suo carico umano a bordo”.

Altri punti in comune: omissioni di soccorso alle vittime, frequenti depistaggi, pesanti silenzi o dimenticanze in chi ricopriva incarichi di responsabilità ai vertici militari. E le famiglie delle vittime che attendono ancora giustizia.

Il sostituto procuratore Tarditi non ha taciuto “il disgusto”, gli inquietanti intrecci tra le due vicende “con un’evidenza tale da urtare la decenza e il buon senso”, “gli accordi segreti internazionali vietati dalla Costituzione, ma che molti Stati non esitano ad applicare”, puntando poi il dito contro “inesplorati gruppi occulti di potere” (definizione presa a prestito da un altro magistrato, Agostino Cordova).

Amareggiato, Tarditi, anche per le conclusioni di un’indagine su un traffico di rifiuti tossici e radioattivi che, avviata tra Asti e Alessandria, aveva portato anni fa a incrociare, attraverso le intercettazioni telefoniche, personaggi che in Somalia sostenevano di sapere tutto sull’omicidio di Ilaria Alpi. “Ho trasmesso gli incartamenti alla magistratura di Roma – ha raccontato Tarditi – e lì la nostra indagine si è fermata, diventando carta straccia”. Per lui un applauso caloroso e un invito ad andare avanti nonostante, come lui stesso ha raccontato, “oggi i casi di cui mi occupo riguardino, al 90%, insulti da ballatoio”.

I mesi del giallo (ideata dall’Associazione Comunica in collaborazione con Biblioteca Astense, Provincia di Asti, Comunità Collinare Val Rilate, Comuni di Asti, Costigliole, Isola, Montiglio Monferrato, Fondazione CRT) proseguirà sabato 8 novembre al castello di Cortanze con l’incontro Hanno ucciso mio padre a cui parteciperanno Sabina Rossa, coautrice di “Guido Rossa, mio padre” e Giovanni Berardi, segretario dell’Associazione vittime del terrorismo. Contributo di Sabrina Bracato, vedova del sottotenente dei carabinieri Giovanni Cavallaio, ucciso nella strage di Nassiriya e mamma della piccola Letizia. Ingresso libero.