Domani, martedì 10 maggio, alle 21 nella Cattedrale di Asti si terrà una veglia di preghiera per il lavoro. Organizzata dalla Commissione Pastorale Diocesana del Lavoro in collaborazione con Cisl e Acli in occasione della Giornata della Solidarietà, la veglia ha come tema portante “Un’impresa chiamata lavoro”. Esplicito è il riferimento ai problemi del lavoro, dei giovani che non lo trovano e dei meno giovani che non riescono a mantenerlo. La veglia sarà guidata dal vescovo di Asti, mons. Francesco Ravinale.

Oggi il lavoro è per molti giovani, ma anche per tanti adulti che lo perdono, una vera e propria “impresa”, intendendo con questa parola che oggi diventa difficile sia acquisirlo che essere sicuri di mantenerlo. Il mercato del lavoro è diventato talmente veloce che non considera più la stabilità un valore, richiedendo prestazioni temporanee che non permettono né di entrare realmente in relazione profonda con le persone né di acquisire conoscenze capaci di permettere una reale progressione professionale. Sulla realtà del precariato si è espresso recentemente Papa Benedetto XVI con queste parole: “Il lavoro è uno degli elementi fondamentali sia della persona umana che della società … le difficili o precarie condizioni del lavoro rendono difficili e precarie le condizioni della società stessa, le condizioni di un vivere ordinato secondo le esigenze del bene comune … La precarietà del lavoro è un dramma, soprattutto quando riguarda il mondo giovanile e non manca di creare angosce profonde nelle famiglie … Sulle condizioni di sicurezza del lavoro occorre mettere in campo ogni sforzo perché la catena dei morti e degli incidenti venga spezzata … Gesù stesso ha passato buona parte della sua vita terrena a Nazareth, nella bottega di Giuseppe e il suo lavoro è così entrato nell’opera della redenzione dell’uomo e del mondo; questo fatto ci parla della dignità del lavoro, anzi, della dignità specifica del lavoro umano che viene inserito nel mistero stesso della redenzione… purtroppo nella nostra società il ritmo del consumo rischia di rubarci anche il senso della festa e della domenica come giorno del Signore e della comunità”.