Pubblichiamo l’omelia del vescovo di Asti Francesco Ravinale in occasione delle prime celebrazioni di San Secondo, patrono della nostra città, che si sono svolte domenica, 5 maggio.. “Rivolgo innanzi tutto l’augurio sincero di una buona festa patronale alla nostra città che si appresta a vivere i festeggiamenti in onore di San Secondo, idealmente riunita in questa Insigne Collegiata nella persona dei suoi rappresentanti istituzionali. Accogliamo anche volentieri i cavalieri del Santo Sepolcro, che ci fanno sentire in unione con i luoghi della vita del Signore. Tutti ci sentiamo accomunati dal desiderio di contribuire al bene comune, ciascuno secondo la propria responsabilità. Siamo preoccupati per una situazione che non solo penalizza i bilanci familiari, ma sembra gettare ombre sul futuro delle giovani generazioni. La causa prima di questa situazione sta nella mancanza di lavoro, che comporta una preoccupante precarietà economica nelle famiglie e sembra precludere ai giovani la possibilità di affermazione professionale. La Parola di Dio ci apre alla speranza, con la visione descritta dal libro dell’Apocalisse, della città santa, Gerusalemme, che scende dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Le mura di quella città  poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello. E’ chiaro il riferimento ad una Chiesa chiamata a essere presente nella la città terrena e impegnata a contribuire perché la città trovi saldezza, poggiando su solide fondamenta. Mi sembrano suggestivi i criteri che la primitiva Chiesa di Gerusalemme aveva affidato a Paolo e Barnaba per affrontare i problemi di convivenza e le tensioni della comunità di Antiochia. Non imporre troppi obblighi ma indicare tre rinunce necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime. Si tratta di obiettivi assolutamente essenziali per il bene comune, anche se necessariamente devono essere riformulati in un linguaggio più attuale. Tradotta in termini attuali, questa indicazione degli apostoli mette in evidenza alcune realtà indispensabili per l’armonia della vita sociale: l’importanza dei buoni rapporti vicendevoli (astenersi da sangue), la necessità di mantenere la stabilità dei vincoli familiari (astenersi dalle unioni illegittime), la proposta di liberarsi da alcune forme di idolatria (le carni offerte agli idoli). L’esperienza quotidiana ci parla di spiacevoli rapporti conflittuali, a tutti i livelli della nostra società. Non possiamo dimenticare l’autentica paralisi del nostro parlamento, determinata da una conflittualità pregiudiziale. Talvolta sentiamo parlare in termini dispregiativi dei tentativi di intesa reciproca e di considerazione delle ragioni dell’avversario politico. La richiesta di astenersi dal sangue appare di grande attualità alla luce di queste spiacevoli situazioni. Anche la proposta di tenere in grande evidenza l’ambiente familiare è di notevole rilievo per il bene sociale. La fragilità familiare, che gli apostoli indicavano come unioni illegittime, allora come adesso si rivela destabilizzante per il tessuto sociale. La famiglia è sempre stata il pilastro fondamentale della vita civile e si è sempre dimostrata il più efficace degli ammortizzatori sociali. Chi desidera destabilizzare la società non trova di meglio che minare questa realtà preziosa, privandola delle componenti essenziali della fedeltà e della fecondità e togliendo la preoccupazione della presenza di Dio nella vita quotidiana e nell’impostazione di fondo. Per ricercare l’armonia sociale e la stabilità dell’istituto familiare è necessario liberarci dalla schiavitù di alcuni idoli subdoli, ma estremamente pericolosi: l’io, assolutamente devastante nella vita sociale, soprattutto quando pretende di ergersi come centro di tutto e unico punto di riferimento; l’interesse economico e la voglia di prevalere sugli altri, che scatenano conflitti e disarmonia; la ricerca del piacere immediato, mentre la felicità pretende piuttosto lungimiranza e impegno sui temi lunghi. Il contributo più prezioso e concreto che la Chiesa può dare alla società è proprio quello di una sensibilizzazione delle coscienze per liberarsi da queste forme di idolatria. Papa Benedetto XVI ci aveva proposto di vivere questo anno come anno della fede, la festa di San Secondo è occasione privilegiata per ribadire l’importanza di una visione di fede per la nostra società e impegna la Chiesa a una presenza viva nel mondo contemporaneo, non per ambizioni di potere, ma semplicemente per donare il servizio insostituibile della formazione delle coscienze, nella convinzione che nessun rinnovamento della società sarà possibile senza la formazione di coscienze rette e rigorose. Alla nostra città che, pure nel contesto di un tempo di forti apprensioni sociali ed economiche, si appresta a un maggio ricco di manifestazioni, oggi è risuonata la voce del Signore Risorto: Vi lascio la pace, vi do la mia pace. La vogliamo accogliere, con la convinzione che il Signore non ci lascerà mancare la pace, soprattutto se la sapremo ricercare non come la dà il mondo, ma con lo spirito del Vangelo. A San Secondo chiediamo di tenere saldamente in mano la nostra città, aiutandoci a mantenere l’armonia sociale, realizzando quella pace che il Signore Risorto ha desiderato per i suoi fedeli e per il mondo e aiutandoci a comprendere in profondità l’importanza di una vita familiare fondata sul santo timor di Dio e pertanto fedele, feconda e duratura”.