Auguri.
Non trovo auguri più appropriati che quelli degli angeli, quando alla nascita di Gesù cantavano: Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama.
Non vi è gioia più bella che quella di sentirsi amati. Da Dio, naturalmente, ma anche dalle persone umane.
I doni più semplici (penso ai mandarini ricevuti da bambino) ti riempiono di gioia, perché sono il segno che qualcuno ti vuole bene. E la serenità istintiva che ci pervade nelle festività natalizie dipende dal fatto che ci sentiamo circondati dall’amore di persone care.
Personalmente vorrei la felicità di tutti. Per questo auguro a tutti di sentirsi amati e non solo a Natale.
A volte i doni non bastano per assicurare questa esperienza. Il genitore che ha abbandonato la propria famiglia potrebbe anche riempire i figli di oggetti mirabolanti, ma difficilmente riuscirà a farli sentire amati: non hanno bisogno dei suoi doni, ma di sentirsi accanto il papà e la mamma, insieme.
Ma non ci sono soltanto i bambini. Ci sono anche intere famiglie che non riescono a vedere segni di amore attorno a sé. Penso a chi non ha lavoro, a chi non ha più una casa … a chi stenta a organizzare non dico un cenone natalizio, ma semplicemente un pranzo decoroso.
Certo sono realtà più difficili da realizzare. Fa male essere privi di beni così essenziali. Fa ancor più male rendersi conto che non ne importa nulla a nessuno, neppure a chi avrebbe la responsabilità di procurarle.
L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro … Un disoccupato stenta a sentirsi amato dalla propria nazione, quando si privilegia la stabilità dei conti finanziari piuttosto che la possibilità di lavoro per tutti.
Una necessità essenziale, ma non più alla portata di tutti, è la casa. Chi ti vuole bene spesso non ha una casa da mettere a tua disposizione. Ma almeno è bello vedere che qualcuno si impegna a procurartela in qualche modo. Qualcuno, nella nostra città, ha organizzato un fondo di solidarietà per aiutare a pagare gli affitti ed evitare gli sfratti. Il contributo della comunità richiesto in questo Avvento così sofferto, se pure non risolutivo, potrebbe almeno essere il segno che qualcuno continua ad amarti, nonostante la tua povertà.
Quando gli aiuti vengono sottratti è difficile sentirsi amati. Un dormitorio per chi non ha dimora e una mensa per chi ne ha bisogno, erano un bel segno di attenzione. Ma se vengono smantellati, ci fa male. Non solo perché ne avremmo bisogno, ma perché sentiamo di non essere amati.
Mancano i fondi … è un ritornello che ritorna con molta insistenza e ci vorrebbe convincere che va bene così. Ma io penso alla mia infanzia, quando veramente in famiglia le risorse erano molto limitate. In tal caso papà e mamma, che mi volevano bene, definivano le priorità: prima si doveva avere casa e poi bisognava mangiare. Il resto veniva dopo, a costo di non realizzare quanto pure sarebbe stato nei desideri. Se lo faceva il buon senso di persone semplici, perché non lo potrebbe immaginare anche la capacità amministrativa degli enti locali? Non sarebbe indecoroso, per un’amministrazione pubblica, ricorrere a variazioni di bilancio, di fronte a situazioni di emergenza, come nel caso di cittadini senza cibo e senza casa. Altri interventi possono essere dilazionati. Peraltro immagino che un pubblico bilancio capace di tenere conto dei poveri e delle loro esigenze primarie non potrebbe che essere additato a esempio di buona amministrazione.
L’augurio del Vescovo è che, in questo territorio in un tempo così precario, tutti e ciascuno possano sentirsi amati. Meglio ancora, che ciascuno di noi sappia contribuire ad una società capace di amore.
Sono certo che sarà un Natale buono. E quindi bello per tutti.

 

Mons. Francesco Ravinale