Domenica 23 dicembre è la quarta domenica dell’avvento, in preparazione al Natale ed è anche il quarto appuntamento con la rubrica, firmata da don Paolo, un percorso di commento alla Parola di Dio della domenica, destinato soprattutto alle persone malate, che non potendo essere presenti fisicamente alla santa Messa, trovano proprio in questo spazio, un aiuto a parteciparvi spiritualmente.Questa ultima domenica di Avvento è tutta incentrata sul mistero dell’incarnazione del Figlio di Dio e su Maria, la prima collaboratrice umana all’attuazione del disegno divino. “Lo stesso mistero è contemplato nella sua origine nel seno della Santissima Trinità trinitaria (II lettura), nell’attesa e nella profezia da parte dell’umanità impaurita (I lettura) e sterile (vangelo: Elisabetta) e nei suoi primi frutti nel mondo (vangelo: Maria). In un passo particolarmente intenso della lettera agli Ebrei (II lettura), Gesù è presentato come colui che viene nel mondo, riceve un corpo, per compiere in tutto la volontà del Padre. La volontà del Padre è la nostra santificazione che si compie una volta per sempre mediante l’offerta del corpo di Cristo (Eb 10,10). Gesù nasce per offrirsi al Padre per santificarci. È l’obbedienza amorevole di Cristo che riconcilia gli uomini con Dio, dopo che la disobbedienza di Adamo li aveva allontanati da Lui. “Siamo santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Cristo”: fin dall’inizio, è già presente la prospettiva della croce. Attraverso i profeti, lo Spirito santo ha educato il popolo, che vive nella paura e nella precarietà, a sperare e a desiderare la nascita di Colui che “sarà la pace” (I lettura). Nella pienezza dei tempi, la lunga attesa trova il suo compimento. Il Vangelo, raccontando l’incontro di Elisabetta e di Maria, mette l’una di fronte all’altra la domanda di salvezza da parte di un’umanità invecchiata e sterile e la risposta di Dio. Frutto di questo incontro è la gioia, la gioia messianica, che coinvolge tutti i presenti: Elisabetta che, piena di Spirito Santo benedice la Madre del suo Signore; Giovanni, che alla voce di Maria, l’arca dell’alleanza che porta Gesù, “danza” nel grembo della madre; Maria che esulta in Dio suo salvatore. Maria è proclamata beata per la sua fede: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Lc 1,45). Ma la fede, quando è autentica, si esprime sempre attraverso la carità (Gal 5,6). Così, Maria, dopo aver detto il suo fiat all’annunciazione, si alza e va in fretta da Elisabetta, bisognosa di aiuto. L’amore di Cristo la spinge (2 Cor 5,14). Come preparaci a vivere autenticamente il mistero del Dio che si fa uomo? Come lasciarci coinvolgere in questo avvenimento dal quale dipende la nostra salvezza? Una risposta la troviamo in queste bellissime parole di s. Ambrogio: “Se secondo la carne una sola è la madre di Cristo, in forza della fede ogni cristiano concepisce il Figlio di Dio”. Da Maria riceviamo Gesù e la gioia che egli sempre porta a chi lo accoglie; come in Maria, anche in noi, in forza della nostra fede, Gesù può incarnarsi; come lei, anche noi, spinti dall’amore di Cristo (il Suo per noi e il nostro per Lui), possiamo “alzarci e andare in fretta” a portarlo ai fratelli. “O Emmanuele – Dio con noi – nostro re e legislatore, speranza e salvezza dei popoli: vieni a salvarci, o Signore nostro Dio” (Antifona maggiore del 23 dicembre)”.