“La vita sul pianeta è dominata dal caso? Oppure c’è un Dio ‘interventista’ che segue ogni cosa? Oppure, ancora, c’è un principio regolatore, un Dio sconosciuto che dà l’input a qualche particella e poi attende che gli esseri, nella loro libertà, nascano, vivano, gioiscano, procreino, si sbattano e muoiano? Libertà…parola magica, polisemica, a volte fuorviante, terreno minato dove non è facile muoversi.” Questo pensiero tratto dall’introduzione di Luciano Nattino al secondo incontro del “cortile dei dubbiosi” indica il percorso di ricerca che ha coinvolto relatori e partecipanti all’iniziativa di sabato scorso, 23 febbraio, tutti consapevoli che l’esercizio della libertà è tutt’altro che semplice. Essere liberi non è una pura e semplice reazione istintiva e “libertina”, né soltanto un sottrarsi a un’oppressione o a un’imposizione, ma è una scelta coerente e cosciente tra opzioni differenti per approssimare sempre più da vicino una meta da raggiungere in tutti i campi compresa la ricerca di Dio. Denso di riflessioni l’incontro ha sicuramente donato infiniti spunti di riflessione ed una singolare ricchezza di punti di vista: l’attenzione era evidente e palpabile nell’immediato dal clima di sala e dai commenti dei partecipanti, ma anche successivamente dalle mail che mi sono arrivate e da tante percezioni collaterali a sottolineare il bisogno di un confronto che faccia uscire dalla solitudine spirituale che caratterizza la nostra società per mettere in luce la necessità di ogni persona a riscoprirsi prima di tutto essere spirituale, al di là della fede, abitare e sentirsi parte di un “cortile” che accolga le diversità; consapevoli, riprendendo un pensiero di Emmanuel Mounier suggeritomi da Luigi Ghia, che “non siamo presenti a noi stessi se non ci doniamo, non possediamo nulla al di fuori di ciò che doniamo, non ci possediamo se non ci doniamo”. Splendida e commovente l’introduzione di Luciano con la sua capacità  umile e delicata di mettersi in gioco e di collegare la “difficile libertà” (la definizione è di padre Umberto Vivarelli) con la domanda incessante che tormenta tutti, nessuno escluso, quella su Dio. Domanda che richiama una nostalgia di speranza che porta a ripetere, con le parole di David Maria Turoldo scriveva nella sua malattia, che sperare è più difficile che credere… Interrogativo per “camminatori di domande” ripreso dalla tavola rotonda animata da Enrico Cico di cui si ripropongono alcuni spunti ad iniziare dal riferimento biblico offerto da Paolo De Benedetti: noi cerchiamo un Dio che ci cerca…e ci offre il grande dono, con la libertà, di poter dire “forse”, da cui discende l’opportunità di evitare di dare una risposta assoluta a tutte le domande che si presentano; è, in modo fantastico, lasciare spazio per immaginare un futuro dove tutti, attorno a Dio, possano portare le infinite domande della vita e, ascoltando le risposte, trascorrere l’eternità. In questa libertà del dire “forse” c’è la possibilità di adesione al progetto di Dio che deve essere personale e l’assenso mai forzato e obbligato anche quando la fiducia ha il suo vaglio di autenticità nel tempo oscuro della prova, quando il volto di Dio scompare, la sua parola tace, la sua presenza si muta in assenza. Il silenzio di Dio è da superare rileggendo, attraverso le pagine della “notte di Wiesel”, che Dio è presente sul patibolo insieme all’umanità sofferente. Libertà come opportunità nelle parole di Laurana Lajolo che indica la scelta e la responsabilità quali (come) percorsi irrinunciabili per approdare a libertà come diritto, ma anche come dovere da praticare nel dialogo tra opinioni diverse con la capacità rara di saper mettere in discussione le proprie certezze; un terreno di particolare verifica di questa opportunità di dialogo è l’attenzione alle minoranze affinché sia data voce a tutte le differenze nel senso alto espresso dall’art. 3 della Costituzione “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Tatiana Pivari, con la semplicità delle immagini raccolte dai figli della propria casa – famiglia e con la delicatezza di mamma, ha offerto concreta testimonianza del suo cammino di educatore che si è rivelato, al di là dell’appartenenza o meno ad una Chiesa, un cammino di fede e di speranza; la libertà come un cavallo che corre nel vento, il volo nel cielo, l’emozione della musica, il pensiero di pace, il bambino che sa dire la sua opinione, sono le immagini fresche che mettono in luce, senza ambiguità né forzature ideologiche, e addirittura senza mai renderlo esplicito, (proprio) quanto è significativo far emergere nel rapporto tra la domanda su Dio e la libertà. Pensiero amplificato dal marito, Valter Sartoretto, anch’egli educatore nella casa – famiglia Primavera di Piovà Massaia, con l’affermazione che il valore della libertà è da testimoniare più che da insegnare con l’obiettivo di rendere questa dimensione della vita un fatto comunitario in cui (dove) consapevolezza ed educazione sono gli ingredienti di una libertà che fa rima con cultura per approdare, per dirla con Don Milani, ad una condizione di consapevolezza dove l’arrivare da soli è avarizia e dove arrivare insieme è politica per il bene comune. Ma la libertà può anche essere sfida alla disperazione e Franco Testore supera il “si dice che la libertà del singolo finisce dove incomincia quella degli altri” per affermare che la “vera libertà inizia dove inizia quella degli altri”  e in questo sta la vera competizione con i limiti del nostro essere ad iniziare del comprendere l’altro, dell’ascoltare la persona nel suo vissuto e nelle sue tensioni, del porsi accanto prima approdare a conclusioni, del saper cogliere i bisogni condividendo difficoltà ed idee; una sfida per incontrare Dio nella persona. Una provocazione per continuare la ricerca con la capacità di fare un ulteriore passo di condivisione e vivere la novità (capacità) di dire uomo per dire Dio e di dire Dio per dire uomo … un percorso di libertà per continuare il dialogo e non disperdere le opportunità di incontro che ogni giorno, “il caso” o la “provvidenza”, ci offrono come dono da non disperdere. Michelino Musso