Quella che segue è una sintesi, curata da don Dino Barberis, della Lettera Pastorale scritta da Mons. Francesco Ravinale, vescovo di Asti.

“Vi ho trasmesso quello che anch’io ho ricevuto” è il titolo che, riprendendo un versetto della prima lettera di San Paolo ai Corinzi, mette in evidenza il contenuto centrale della lettera stessa: la trasmissione della fede. Questo si collega ad altri due contenuti complementari: il valore della tradizione e il compito educativo.
La lettera si ricollega ancora al Convegno ecclesiale di Verona del 2006, in quanto il quarto ambito di discussione aveva la stessa denominazione: Educazione, tradizione e trasmissione della fede.

INTRODUZIONE.
La lettera prende spunto dal quarantesimo anniversario dalla contestazione del ’68 e dalla rottura con la tradizione che essa ha operato: non è che si siano persi valori importanti? E’ importante sempre discernere ciò che va accantonato dal passato e ciò che va tenuto con forza.
Altro spunto è la celebrazione del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio, che contiene proprio ciò che non va mai fuori moda e che andrebbe tenuto per rendere salda la propria fede.
Ancora: l’anno paolino (bimillenario dalla sua presunta nascita) ci pone di fronte alla figura di un campione di questa trasmissione della fede. Infine: la figura del Cardinal Massaja nel centenario della nascita ci propone un campione più moderno dell’ansia di portare il Vangelo a tutti, inculturandolo in realtà diverse.

CAPITOLO 1.
IL GRANDE DONO DELLA TRADIZIONE.

All’indomani della rottura della tradizione operata dalla contestazione del ’68 emergono alcune problematiche. La globalizzazione e frammentazione sociale, la difficoltà della famiglia, la crisi sociale legata al mondo del lavoro, il bombardamento mediatico, quella che viene chiamata “emergenza educativa”.
San Paolo è un utile punto di riferimento perché ha vissuto un’esperienza personale di rottura con il passato e, nello stesso tempo, di fedeltà nel trasmettere la novità del Vangelo. In realtà tutti siamo inseriti in una cultura e in una tradizione che costituisce la culla per la nostra identità: il fare memoria di questa (proprio come faceva il popolo ebraico) diventa una necessità non solo per i cristiani ma per tutta la società.

CAPITOLO 2.
L’IMPEGNO EDUCATIVO COME TRADIZIONE IN ATTO.

La memoria è radice di identità: per un cristiano il fare memoria dell’evento di Cristo diventa anche uno scoprire la propria identità di uomo e, di conseguenza, lo scoprire la responsabilità di ciascuno e di tutti.
Inoltre la memoria rimanda al futuro e alla necessità di collaborare all’azione salvifica dello Spirito, incoraggiando così alla speranza nonostante una cultura che non riesce a darne molta. Educare alla speranza è un compito doveroso in particolare verso le giovani generazioni, anche se arricchisce innanzitutto chi lo esercita; è inoltre un compito di tutta la comunità e non solo di pochi esperti. Ma è la famiglia il soggetto primario dell’educazione, in collaborazione con altre agenzie educative che coinvolgono i ragazzi. Per un verso è necessario sostenere la famiglia in questo compito, per altro verso si auspica la costruzione di un progetto educativo che sancisca una collaborazione tra tutte le forze educative.

CAPITOLO 3.
LA PASTORALE GIOVANILE.

La Chiesa ha sempre avuto un occhio di attenzione per i giovani. Grazie a loro essa è stata sempre sollecitata a rinnovarsi e a rispondere alle esigenze di una società in continuo cambiamento. Le principali sfide individuate sono: l’esaltazione dei sentimenti spesso separati dai legami, la crescente fragilità della vita familiare, una logica individualistica, una natura umana e un corpo ridotti a strumenti della libertà di godere.
E’ necessario fare proposte coraggiose anche per un amore disinteressato e di donazione di sé, un dono perenne per il quale siano gli stessi giovani coloro che ne trasmettono la ricchezza e il valore ai loro coetanei. D’altra parte anche grazie le Giornate Mondiali della Gioventù e il progetto Agorà della Chiesa Italiana si è vista la capacità dei giovani di farsi carico della trasmissione del Vangelo. Ad Asti queste istanze sono portate avanti dal Servizio Diocesano di Pastorale Giovanile, da non vedersi in alternativa all’impegno delle parrocchie.

CONCLUSIONE E PROPOSTE.
Le proposte conclusive si riferiscono ai tre ambiti della pastorale:
– Annuncio: proporre una catechesi che metta sempre al centro la figura e la memoria di Gesù. Lanciare l’idea di progetto educativo. Infine una lectio divina intorno alla figura di S. Paolo.
– Celebrazione: imparare a celebrare con uno spirito nuovo, in modo da coinvolgere sempre più i giovani.
– Testimonianza della carità: trarre dagli incontri di Lectio Divina la forza e la luce per impegnarsi sempre più a favore dei poveri e sensibilizzare alle problematiche sociali.

 

Testo della Lettera Pastorale 2008