E’ cominciato questa mattina alla Corte d’Appello di Torino il nuovo processo a carico di Michele Buoninconti, sul banco degli imputati con l’accusa di aver ucciso la moglie Elena Ceste e di averne occultato il corpo. L’uomo, anche in secondo grado assistito dagli avvocati Giuseppe Marazzita e Enrico Scolari, era già stato condannato in primo grado a 30 anni.  Il giudice del tribunale di Asti Amerio nel novembre del 2015 aveva accolto la tesi dell’accusa rappresentata dal pm Laura Deodato che oggi ha nuovamente chiesto di rappresentare la procura generale nel processo d’Appello. In questa sede la difesa, che ha sempre sostenuto l’innocenza del vigile del fuoco, ha sostenuto la tesi di un incidente. Elena Ceste, sparita dalla sua casa di Motta di Costigliole e trovata nell’ottobre successivo in un canale agricolo a meno di un chilometro dalla sua villetta, sarebbe morta per una caduta accidentale. Lo dimostrerebbe un fascicolo con documentazione fotografica del corpo della donna presentato per la prima volta dai legali di Buoninconti. Una foto in particolare evidenzierebbe sull’osso sacro quella che per la diefsa sarebbe da considerarsi una frattura. Elena Ceste quindi dopo essersi allontanata da casa potrebbe essere caduta lungo il rio Mersa, fratturandosi l’osso senza poi riuscire a rialzarsi. Per l’accusa invece Buoninconti, tormentato dalla gelosia e dai tradimenti e dalle amicizie della moglie, avrebbe ucciso la moglie, forse soffocandola, nascondendo il corpo nel rio a 800 metri dalla villetta di mattoni rossi dove i coniugi vivevano assieme ai quattro figli, oggi affidati ai nonni materni e di cui il vigile del fuoco ha perso la patria potestà.