herzogPer celebrare il riconoscimento Unesco a Langhe, Roero e Monferrato, in occasione dell’84° Fiera del Tartufo Bianco di Alba, presentata questa mattina in conferenza stampa, alla presenza dell’assessore alla Cultura e Turismo, Antonella Parigi,  Collisioni, in collaborazione con la Regione Piemonte, l’Ente Fiera e Film Commission Torino Piemonte, propone un momento di riflessione su paesaggio e cinema, che avrà come protagonista Werner Herzog.  Fra i maggiori registi contemporanei, Herzog sarà inoltre ospite del territorio per alcuni giorni e avrà l’opportunità di conoscere i paesaggi delle Langhe, del Roero e del Monferrato e giovedì 13 novembre alle ore 21,00, al termine di una serie di proiezioni commentate,  incontrerà il pubblico al Teatro Sociale di Alba, dialogando con Marco Müller. Werner Herzog è nato a Monaco di Baviera nel 1942. Cresciuto in un villaggio delle montagne bavaresi senza mai vedere cinema e televisione, né usare il telefono, inizia a viaggiare a piedi a quattordici anni. L’esordio dietro la macchina da presa avviene nel 1961 e già nel 1963 egli fonda la sua casa di produzione, la Werner Herzog Filmproduktion. Dopo il 1965 viaggia a lungo tra Stati Uniti e Messico e partecipa al progetto di fondare uno stato utopico nel Guatemala. Torna in Germania nel 1968 e realizza il suo primo lungometraggio, Segni di vita, che riceve al Festival di Berlino il premio della migliore opera prima. Il cinema di Herzog, ricco di opere ormai riconosciute come caposaldi della modernità cinematografica in Europa – Aguirre, furore di Dio (1972), L’enigma di Kaspar Hauser (1974), Cuore di vetro (1976), La ballata di Stroszeck (1977), Nosferatu e Woyzeck (entrambi 1979) – è caratterizzato, da condizioni di riprese avventurose fino all’estremo limite fisico, spesso ambientate in esterni inospitali (montagne, deserti, grandi corsi d’acqua). Ogni film diventa così un oggetto inafferrabile, in bilico tra finzione e documentario, come in Fitzcarraldo (1982), che narra la scalata di un battello sui fianchi di una montagna (effettivamente realizzata). La ricerca visionaria di una sacralità del paesaggio e l’idea del cinema come testimonianza del perdurare di civiltà sull’orlo della scomparsa contraddistinguono anche la notevole attività documentaristica di Herzog, dove la componente narrativa serve spesso a giustificazione del viaggio, dell’esplorazione di un luogo: dalla rivisitazione del Popol Vuh in Fata morgana (1971), ambientato nel Sahara, in Kenia, Tanzania, nei Paesi del Golfo della Guinea e nelle Canarie, all’Australia degli aborigeni in (1984; Dove sognano le formiche verdi), dalla Patagonia di Schrei aus Stein (1991; Grido di pietra) al Kuwait martoriato dalla guerra del Golfo in Lektionen in Finsternis (1992; Apocalisse nel deserto). Il paesaggio è una metafora che contiene una stratificazione quasi infinita di significati. La visione del paesaggio è stata concepita tradizionalmente come un’esperienza puramente contemplativa, dove non esiste un percorso predeterminato e non entrano in campo nella visione né ricordi né attese. Ma il paesaggio si è oggi trasformato da scenario immobile osservato “esteticamente” (idillicamente) in un sistema complesso e in continuo movimento, tale da non poter essere più osservato dall’esterno ma necessariamente vissuto ed interpretato nel suo continuo mutamento. Cosa accade dal momento in cui consideriamo questo paesaggio come in movimento-mutamento? Qual’è lo stato del fluttuante e mai risolto rapporto fra paesaggio-realtà e paesaggio-immagine? Il seminario con Werner Herzog, animato da Marco Müller (uno dei “complici” regolari del regista in Italia, studioso e produttore – vincitore in quella veste del Gran Premio AlbaCinema dell’Infinity Film Fest 2006) vuole proporre un’immersione in un paesaggio di immagini e visioni che risponda, almeno in parte, a questi interrogativi.