“Un delitto maturato nell’ambito di un rapporto credito debito”, ha spiegato il procuratore della Repubblica Alberto Perduca. 20 mila euro. Per questo è stato ucciso Francesco Indino, il commerciante di ortofrutta trovato senza vita in piazza del Palio, pieno centro di Asti, all’alba del 25 giugno 2015. Un delitto efferato, la vittima è stata brutalmente colpita alla nuca e al volto con una spranga mai ritrovata. Questa mattina, la termine di un anno e mezzo di indagini coordinate dalla procura astigiana, i poliziotti della squadra mobile hanno eseguito cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere per altrettanti soggetti accusati di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà e dai motivi abietti e futili. Nei guai sono finiti Massimo Blandini cotitolare dell’azienda di fornitura all’ingrosso di ortofrutta Stella, con sede nella zona del casello di Asti Ovest, Stefano Bagnasco, datore di lavoro della vittima, e altri tre uomini, Calogero Miliotoe gli  albanesi Alban Hila e Afrim Jahja all’epoca dei fatti dipendenti della ditta all’ingrosso. “Queste persone sono gravemente indiziate di reato, la loro colpevolezza la stabiliranno i giudici” ha tenuto ha precisare il procuratore. L’omicidio sarebbe quindi maturato nel mondo del commercio di ortofrutta. Indino, seppure dipendente di Bagnasco, avrebbe gestito di fatto uno dei suoi banchi, pagando così con la vita il debito contratto dal suo datore di lavoro con i grossisti. “Il debitore sarebbe stato pesantemente minacciato, con intimidazioni e violenze, per mesi prima del delitto”, ha spiegato Loris Petrillo dirigente della squadra mobile astigiana. Poi la mattina del 25 giugno di due anni fa l’appuntamento fatale, Indino, dopo aver preso un caffè con Bagnasco, ha raggiunto piazza del Palio pronto a partire col suo camion per un mercato. Lì lo avrebbero atteso i due albanesi, il Milioto e Bagnasco. Una sorta di agguato in pratica. La vittima al termine di una discussione è stata uccisa con un oggetto contundente, ma l’omicidio non sarebbe frutto dell’alterco, ma di un piano già ideato come dimostra l’aggravante della premeditazione contestata dal giudice. “E’ stata un’indagine complessa, nel corso della quale abbiamo ascoltato 150 testimoni, analizzato celle telefoniche e filmati di videosorveglianza – ha spiegato il dirigente della Mobile -. Ma il lavoro non è ancora finito”. Gli arresti sono scattati questa mattina all’alba e i poliziotti hanno perquisito anche la sede della ditta “Stella”, senza però trovare alcuna traccia dell’arma del delitto. Lunedì gli interrogatori di garanzia.