MASSAIADa Ausiliario a OSS. L’evoluzione dell’operatore socio sanitario come lo conosciamo oggi è costellata da acronimi che hanno caratterizzato i tratti di una delle figure più importanti nel comparto sanitario a fianco a medici, infermieri e personale tecnico. L’importanza dell’ospedale è stata testimoniata con forza dalla cittadinanza astigiana in questi lunghi mesi di empasse con la Regione, ma forse ancora troppo pochi conoscono il reale contributo che gli OSS forniscono per l’ottimale funzionamento del Cardinal Massaia.   LA STORIA DEGLI OPERATORI SOCIO SANITARI   Come ricordato da uno dei portali di riferimento per gli OSS (www.operatoresociosanitario.net), la figura dell’Ausiliario è una costante nella storia ospedaliera e venne regolamentata dal DPR 128/69. Negli anni ’60 le sue attività erano assai limitate e per trovare una prima qualificazione della mansione bisogna correre al CCNL del 1979 quando fu introdotta una prima distinzione tra gli addetti alle pulizie e gli ausiliari socio sanitari (ASS). Con un nuovo decreto del Presidente della Repubblica (nel 1983) si decise di ampliarne le competenze con la possibilità di aderire a un corso di addestramento che aggiunse una “S” al già presente acronimo ASS. Le crescenti esigenze di specializzazione portarono quindi alla creazione, nel 1990, della figura di operatore tecnico addetto all’assistenza (OTA). La svolta si ebbe con l’accordo Stato-Regioni del 22 febbraio 2001 quando venne istituito il profilo professionale dell’operatore socio sanitario (OSS), l’evoluzione dell’OTA (che per diventare OSS è tenuto a prender parte a un corso di specializzazione di 400 ore) e in definitiva una figura più a carattere sociale e sanitario rispetto al passato. Esiste ancora una figura poco conosciuta (soprattutto nella nostra regione) che è l’OSSS, ossia l’operatore socio sanitario con formazione complementare, istituita con un nuovo accordo tra Stato e Regioni nel 2003 per fornire all’OSS competenze tali da poterlo far collaborare maggiormente con l’Infermiere e le ostetriche nell’esecuzione di manovre infermieristiche e assistenziali.   OSS E LAVORO: IL BANDO DEL CO.GE.SA.   Il Co.ge.sa. (Consorzio per la gestione dei servizi socio-assistenziali) di Asti, in collaborazione con l’Asl AT, ha recentemente bandito un corso di formazione per il conseguimento della qualifica di OSS per 30 allievi. E’ previsto un test di ammissione (prova scritta e colloquio orale) per valutare i prerequisiti relativi alla professione; sarà quindi stilata una graduatoria degli ammessi, degli idonei e dei non idonei. Il corso è della durata di 1000 ore (445 ore di attività teoriche, 440 ore di stage, 100 ore di attività di rielaborazione/sintesi e 15 ore per gli esami finali) con frequenza obbligatoria. Le domande devono essere presentate entro e non oltre le ore 12 del 27 febbraio 2015. Per maggiori informazioni: CO.GE.SA (via Baroncini, 9 – Asti; 0141/591801-02; www.consorziocogesa.net)   UNA FIGURA DI SUPPORTO ESSENZIALE PER L’INFERMIERE   Sappiamo che hanno una divisa bianca con bordatura gialla (che li distingue dagli infermieri con fasce blu), sappiamo che possiamo trovarli nei reparti ospedalieri o nelle case di riposo a fornire assistenza spesso alle persone più fragili. Tutto corretto, ma quali sono le condizioni lavorative degli OSS e le problematiche che ogni giorno devono affrontare? L’abbiamo chiesto a Maria Scolletta, RSU della CISL FP e operatrice sanitaria nel reparto di Rianimazione del Cardinal Massaia. “La figura dell’Oss – spiega Scolletta – è un supporto essenziale per gli infermieri che operano nei vari reparti del nostro ospedale. Svolge diversi tipi di mansione, dall’assistenza ai pazienti e la sanificazione degli ambienti fino al carico dei magazzini”. Gli OSS sono inoltre presenti nelle fasce notturne del reparto di Pronto Soccorso (con turnistica programmata) e nelle 11 sale che compongono il blocco operatorio (in questo caso con turnistica a chiamata dettata dalla reperibilità). Uno dei principali problemi è che diverse figure sono sottoposte a limitazioni per difficoltà di natura fisica: il lavoro è assai usurante (anche se non è riconosciuto come tale a livello normativo) e la mobilizzazione dei pazienti comporta nel lungo periodo l’insorgenza di svariate patologie che vanno a limitare le attività svolte. Altro problema, già riscontrato nel comparto infermieristico, è il blocco del turn over e la mancanza di personale: “Mancano circa 50 OSS nell’ospedale e i reparti che maggiormente patiscono la carenza di personale sono le Medicine, Neurologia e Chirurgia”, precisa Scolletta. Ad oggi non sono previsti nuovi concorsi e la graduatoria conta ormai più di 150 operatori in attesa di collocamento. La CISL promuove ormai da alcuni anni dei corsi di aggiornamento che, anche se non esplicitamente previsti, aiutano a tener aggiornato l’operatore socio sanitario sul quadro normativo in corso, e offre un’assicurazione per colpa grave (anche se ad Asti si sono mai registrati casi). Complice la crisi e il progressivo prestigio che il ruolo ha assunto, alla professione di OSS si stanno affacciando sempre più lavoratori di sesso maschile e questo rappresenta un cambio di mentalità rispetto al passato; per decenni, infatti, l’assistenza ai bisognosi di cure è stata categorizzata come una mansione dedicata principalmente alle donne. I tempi sono maturi anche per una rivalutazione del ruolo in ambito strutturale: “L’Oss dovrebbe avere maggior peso in ambito sanitario – precisa Scolletta – la legislatura regionale è per molti aspetti ancora legata alla vecchia figura dell’OTA”. Sui tagli previsti dalla riforma, infine, Scolletta invita a una maggiore riflessione: “Bisogna guardare al lavoro svolto e razionalizzare la spesa con maggiore logica, un po’ come farebbe una massaia che tiene d’occhio i suoi risparmi. L’ospedale di Asti è nuovo, efficiente, non è giusto penalizzarlo solo perché inserito nel quadrante con l’Hub di Alessandria”.   Fabio Ruffinengo