Il presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino e l’assessore regionale all’agricoltura Giorgio Ferrero hanno scritto al ministro dell’agricoltura Maurizio Martina per chiedere che “possa proseguire celermente l’iter istruttorio ministeriale” della modifica del disciplinare della Docg Asti presentata dalla Regione Piemonte lo scorso primo dicembre, in modo da comprendere la versione secca dell’Asti, in vista delle prossime strategie commerciali della filiera piemontese del Moscato. La proposta di consentire “la produzione di uno spumante DOCG Asti a basso contenuto di zucchero”, si legge nella lettera, nasce dalla “considerazione delle recenti difficoltà di mercato della tipologia spumante dolce e della volontà di assecondare i gusti dei consumatori che si rivolgono a spumanti con minore tenore zuccherino”. L’area di produzione dell’uva Moscato ammonta a poco meno di 10 mila ettari, pari a quasi un quarto del vigneto piemontese. Nella vendemmia 2016 sono oltre 1100 le aziende che hanno rivendicato uve destinate ad Asti spumante e più di 1800 quelle a Moscato d’Asti, per un potenziale di oltre 85 milioni di bottiglie.”Un tessuto produttivo”, scrivono Chiamparino e Ferrero, “complesso e articolato che assicura l’economia di territori declivi difficili da gestire e con oggettivi limiti di diversificazione produttiva, ma che ha conquistato i mercati mondiali”. La produzione di spumanti secchi a base moscato (Asti champagne) risale ai primi del novecento, ma le conoscenze enologiche dell’epoca non permettevano la percezione amara generata da un vino Moscato portato a completa fermentazione. Ora è invece possibile ottenere vini Moscato secchi di giusta gradevolezza. “Pare evidente come la DOCG Asti rappresenti un tassello importante dell’economia vitivinicola e dell’immagine dello spumante italiano sui mercati di tutto il mondo”, concludono Chiamparino e Ferrero. “La richiesta del Consorzio di tutela dell’Asti, sostenuta dalla Regione Piemonte, rientra appieno nelle possibilità offerte dalla normativa vigente e rappresenta la volontà dei produttori piemontesi di diversificare la propria offerta, valorizzando un vitigno e una vinificazione tradizionali, per incontrare i gusti del consumatore e assicurare una adeguata redditività ai territori di origine”.