Esce in questi giorni per i tipi di Frilli il libro “Masche. Tra le colline di Langa e il Monferrato Stefano Drago indaga” scritto dall’astigiano Fabrizio Borgio.
“Un horror ispirato al nostro folklore – lo descrive l’autore -, una storia profondamente piemontese che, partendo da un duplice omicidio tocca diversi temi che hanno interessato il nostro territorio: l’occupazione nazista, la resistenza, la magia, la mentalità superstiziosa delle piccole comunità e le relazioni tra paesani. Mi piace pensare che sia una storia che, snodandosi tra luoghi e situazioni familiari, riesca a mostrarne il lato inquieto, oscuro, pauroso”.
Come mai ha scelto di occuparsi proprio delle masche?
“Le masche sono figure che hanno accompagnato tutta la mia infanzia, popolavano i racconti di nonni e genitori. Per me non sono semplici streghe e farne la base per l’impianto di questo testo mi è sembrata una soluzione a suo modo inedita e originale”.
Quali sono le emozioni che cerca di suscitare nel lettore?
“Provo a ispirare paura, inquietudine e divertimento. Il personaggio dell’agente speciale del Dip Stefano Drago è nato con l’intento di creare una serie di storie che lo vedono come protagonista: almeno altri due romanzi sono in programma nel futuro”.
Che rapporto ha con la scrittura e con la lettura?
“Per me la scrittura è una pulsione, un istinto al quale mi piego con piacere e dedizione. E’ una parte inscindibile del mio essere, una ragione di vita. Scrivo preferibilmente a tarda sera fino a notte fonda, quando l’ispirazione è forte, ma ogni altra occasione è benevenuta. Con lo scrivere ho un rapporto abbastanza fluido, influenzato dalle incombenze della quotidianità, né serio né giocoso: la vivo come una necessità, a volte ardua, faticosa, ma sempre fonte di piacere. Non è un lavoro ma desidererei fortemente che lo fosse. Come mi fa sentire? Tormentato ma libero. Però sono innanzitutto un lettore, prima che un autore. Ho iniziato a leggere assiduamente nella prima adolescenza, con una folgorazione nei confronti della fantascienza. Più tardi ho spaziato attraverso tutti i generi, dalla grande narrativa alla saggistica. Ai tempi delle scuole superiori ho letto Joyce poi Svevo, Musil e tutti i grandi autori del XX secolo; poi ho incontrato l’horror: Lovecraft, King, Barker e tra gli italiani, Arona e Vergnani. Fondamentale nel mio percorso si è rivelata la riscoperta di Cesare Pavese. Per quanto mi muova con maggior agio e divertimento all’interno di questi generi  cerco di non chiudere o circoscrivere mai del tutto l’orizzonte delle mie letture”.

Marianna Natale