Vittorio Sgarbi racconta Caravaggio. Amato e odiato, emulato e poi dimenticato, Michelangelo Merisi da Caravaggio sarà illustrato al pubblico astigiano dal noto critico d’arte oggi, lunedì 23, alle 21, sul palco del Teatro Alfieri. Le musiche di Valentino Corvino accompagneranno la voce di Sgarbi, e la proiezione delle opere più significative sarà curata dal visual artist Tommaso Arosio. Alla regia, Angelo Generali. Professor Sgarbi, di Caravaggio si può parlare per giorni interi. Lei su quale aspetto si soffermerà? Parlerò delle sue opere e della rivoluzione che hanno comportato. Prima di Caravaggio, Michelangelo ha rappresentato nella Cappella Sistina l’uomo a immagine e somiglianza di Dio; Caravaggio ha invece riportato l’uomo alla sua dimensione terrena, ha restituito tutta la sua concretezza: Michelangelo è il “Cielo”, Caravaggio è la “terra”. Due facce della stessa medaglia, e questa medaglia altro non è che l’Uomo. I contemporanei riuscirono a comprendere e accettare questa rivoluzione? Inizialmente sì. Non c’è stato pittore in tutta Europa che non ne sia stato influenzato; tutti venivano a Roma a vedere le sue opere, da Pieter Paul Rubens a Gerrit van Honthorst. Poi dagli anni ’30 del Seicento questa infatuazione ha iniziato a venire meno. Caravaggio verrà poi riscoperto soltanto nel Novecento. Come è possibile però che un artista come Caravaggio sia stato addirittura dimenticato? Ogni secolo possiede i propri gusti e le proprie sensibilità. Il Settecento e l’Ottocento non erano ancora maturi per comprenderlo fino in fondo. Solo dagli anni ’20 del Novecento si sono creati i presupposti per tornare ad apprezzarlo. Infatti i movimenti rivoluzionari hanno sempre una durata limitata, scemano con lo scorrere del tempo. L’intervista completa sul numero della Gazzetta d’Asti in edicola da venerdì 20 novembre 2015. Francesco Carriero