tribunale di asti - gazzetta d'asti“Domani, mercoledì 13 novembre, proseguirà, a Torino, il processo di appello per la causa civile che vede alcuni abitanti del quartiere San Fedele opposti alla Arvin Meritor Suspension System ed altri per la nota vicenda dell’inquinamento da cromo esavalente e solventi clorurati. In sede penale è già sta accertata la responsabilità del responsabile Arvin e gli abitanti che si costituirono parte civile ottennero (un minimo) risarcimento dalle sentenze o attraverso accordi. Con vittoria di spese legali. Ma non tutti gli abitanti del quartiere, pur trovandosi tutti nella stessa situazione, hanno ricevuto il medesimo trattamento. Questo Comitato, che pure in passato si è costituito parte civile nel processo penale a fianco degli abitanti che scelsero tale via, ritiene utile ricordare alla cittadinanza tutta che la questione giudiziaria, per molti abitanti, è tutt’altro che definita. E’ difficile, infatti, comprendere come per la stessa questione possano essere intervenute risposte tanto diverse tra loro. Si è già accennato al processo penale dove si sono già svolti tutti e tre i gradi di giudizio. Gli abitanti danneggiati e parti civili sono stati risarciti con una provvisionale (cioè una somma data in acconto sui maggiori danni subiti) e la vittoria di spese legali di ogni grado. Il Comune di Asti (come anche fecero alcuni abitanti) accettò invece un somma transattiva per uscire dal processo. Tutti vennero quindi, in un modo o nell’altro risarciti. Ma anche qui vi fu un‘eccezione: la Cassazione ha negato diritto al risarcimento al Comitato San Fedele che quindi ha restituito la provvisionale che aveva, in precedenza, ricevuto. Quindi nel processo penale si sono avuti una parte che ha accettato di transare, una parte che ha ottenuto risarcimento dal Giudice ed il Comitato che ha perso (ancorché a quest’ultimo fosse stata offerta l’edificazione del Centro Civico che oggi sorge nel quartiere e che il Comitato ha voluto si intestasse al Comune di Asti). Si è passati quindi al processo civile dove gli abitanti che non si costituirono nel processo penale chiesero i risarcimenti. Qui i ricorsi, presentati da due diversi studi legali, pur riuniti nella stessa causa, hanno avuto due esiti diversi: nella stessa sentenza, infatti, il Giudice di primo grado ha dato vittoria (con vittoria di spese legali) ad un gruppo assistito da uno studio (seppure riconoscendo risarcimenti inferiori a quelli liquidati dal Giudice Penale) mentre ha dichiarato soccombente il gruppo assistito dall’altro studio negando loro ogni risarcimento e condannandoli addirittura al pagamento delle spese processuali in favore delle controparti. Questi ultimi sono stati esclusi non perché non danneggiati ma perché è stato rilevato mancante agli atti del giudizio il loro certificato anagrafico storico di residenza senza il quale il Tribunale (pur essendo stati i loro pozzi ripetutamente campionati e chiusi a causa dell’inquinamento) ha ritenuto di non poter accertare la loro effettiva residenza nei luoghi all’epoca dei fatti. Gli abitanti hanno dunque proposto appello. Ed eccoci quindi a mercoledì prossimo quando la Giustizia Civile, in secondo grado, si occuperà di nuovo della vicenda partendo dalle questioni tecniche preliminari. Nel frattempo tutti i ricorrenti sono passati al patrocinio del medesimo studio legale che proverà a far cambiare la sentenza appellata e far riconoscere eguaglianza di trattamento ed effettivo risarcimento a tutti i danneggiati. Tutto questo mentre la bonifica è ancora agli “albori”  e, a parte la messa in sicurezza d’emergenza (che dura ormai da oltre 13 anni), tutto è sempre in “working progress” e nulla è definitivamente risolto. Inutile qui sottolineare come ci si sarebbe aspettato che in questa fase -mentre cioè si aspettava il progredire dell’Appello- le controparti, come pure avevano lasciato intendere (anche alle autorità cittadine “trattando” per le soluzioni di bonifica) formulassero una proposta transattiva che risolvesse alla radice il conflitto e superasse quindi l’Appello stesso. Nulla di concreto risulta essere mai pervenuto. Questo Comitato ha ritenuto di dover intervenire in questa vicenda, sollecitato dai propri iscritti che sono in causa, per manifestare l’auspicio che il giudizio d’Appello possa dare un segnale di speranza a tutti i cittadini che attendono ancora con ansia risposta di Giustizia. Per le persone comuni e per il comune buonsenso infatti appare veramente difficile comprendere come per dar risposta alla stessa situazione possano coesistere tante (e così diverse) soluzioni”. Il comitato spontaneo del quartiere San Fedele