GianniZonin“Entriamo e affrontiamo la questione che in questi ultimi giorni ha catturato l’attenzione del Consiglio Comunale di Asti e di referenti importanti del mondo politico astigiano. La Cittadinanza onoraria della Città di Asti riconosciuta all’imprenditore Zonin. Credo che in questa vicenda si siano poste delle considerazioni che sono poco attente ai vari aspetti che inevitabilmente legano l’imprenditore Zonin e il territorio soprattutto del sud-astigiano. Non si tratta di stabilire la doverosa autonomia che un’Amministrazione ha nel riconoscere una sua cittadinanza onoraria, specialmente se viene riconosciuta a chi ha evidenti meriti imprenditoriali, come neanche si tratta di esprimere giudizi su una realtà industriale come quella rappresentata da Zonin, ma neanche in forza di queste considerazioni si può affrontare il tema senza considerare i diversi aspetti che la vicenda ha in relazione al territorio. E si nello specifico non basta disquisire se pro o contro l’iniziativa “cittadinanza onoraria”, ma devono essere presi in considerazione tutte le argomentazioni che nella questione hanno risvolti su una parte del territorio provinciale. E’ evidente che negli ultimi anni abbiamo vissuto una contrapposizione tra associazioni che rappresentano il mondo del “moscato” e una ipotesi di allargamento del territorio dedicato alla coltivazione delle uve specifiche. Spesso si è tentato di ridurre la discussione come se fosse una divergenza tra la Città di Asti e le associazioni che operano nel settore, non è così, non è cosi semplice e riduttivo, ci sono aspetti che vanno ricordati e chiariti. Esistono regolamenti e disciplinari che specificano in maniera molto precisa la coltivazione delle uve moscato, disciplinari che sono stati adottati per tutelare la specificità della coltivazioni in grado di garantire quella che è la D.O.C.G. delle uve. Questi regolamenti, và ricordato, hanno un costo diretto sulle aziende vitivinicole, gli agricoltori sono vincolati a parametri molto rigidi sulle superfici coltivate a moscato, significa per esempio chi volesse aumentare la propria superficie è obbligato ad acquistare i diritti di reimpianto che hanno un costo dai circa 3.50-5.00 €. a mq. e spesi quei soldi il vigneto ancora non esiste. Anche le rese ad ettaro sono stabilite e devono essere rispettate pena un declassamento dell’intera produzione. A queste norme i coltivatori si attengono nella speranza che servano a tutelare il loro reddito che non è solo sopravvivenza aziendale ma di tutto un territorio dove l’agricoltura è ragione di vita. Dall’altra parte và ricordata l’esigenza che ha la Città di Asti ad essere riconducibile ad un prodotto che ne riporta la citazione all’interno del suo nome. Non mi sembra una richiesta pretestuosa, e in questo senso la soluzione ipotizzata del riconoscimento di una parte di territorio già coltivata a moscato nel Comune di Asti potesse essere un compromesso accettabile rispetto alle esigenze messe in campo. D’altronde quello che penso è che il Comune capoluogo deve avere una visione che vada oltre i confini comunali e che consideri tutto il territorio provinciale. Le novità che si annunciano sulle riforme degli enti locali credo che vadano in questa direzione. In sostanza ben vengano riconoscimenti a chi fa impresa sul nostro territorio, chi con il proprio lavoro crea occupazione e ricchezza, l’auspicio è che se da questo si volesse arrivare ad altre esigenze il processo avvenga alla luce del sole e nel rispetto delle regole. Un’ultima considerazione: mi associo volentieri a chi in questa vicenda ha evidenziato i sacrifici a cui ogni giorno si presta chi lavora le nostre vigne. Noi Sindaci di campagna queste cose le conosciamo meglio di chiunque altro, alcuni di noi quando si tolgono la fascia si inerpicano per le nostre colline, e lo fanno non tanto per il guadagno ma soprattutto perché l’amore per la terra non viene insegnato, ci nasci avendolo dentro anche per chi, come il sottoscritto, le vicende della vita hanno portato a fare altro mestiere”. Alessandro Gabutto, sindaco Comune di Quaranti