Ai Sindaci dei Comuni del Piemonte, è noto come in occasione del periodo di fine anno, o di altre feste popolari, si faccia uso di fuochi artificiali e mortaretti da parte di privati, contravvenendo spesso alle normative nazionali. Con ciò si cerca forse di trasmettere una cultura che ritiene positivo perpetuare vecchie tradizioni (che mascherano spesso l’interesse economico ad esse connesso). Dal latino tradere deriva il concetto di passaggio, interpretabile però sia in senso di ‘tramandare’ qualcosa di preesistente, sia di ‘passare’ da un sistema a un altro. Nel caso, affinché una tradizione possa essere ritenuta parte del bagaglio culturale che vale la pena di tramandare, e non sia solo una pedissequa ripetizione del passato, occorrerebbe che essa fosse ancora accettabile dal punto di vista morale.  Sebbene gli usi e i costumi possano essere fonti del diritto, occorre che le istituzioni, ove possibile, scelgano che cosa mantenere delle tradizioni che investono la sfera pubblica, e che cosa abbandonare o trasformare, analizzandone i contenuti.  La morale, il diritto, l’empatia per le sofferenze altrui hanno posto fine da tempo a spettacoli pubblici violenti o offensivi nei confronti di esseri umani e non umani.  Nessuna manifestazione può oggi prescindere dal rispetto dei diritti e della dignità degli esseri umani, così come dei non umani, definiti ‘esseri senzienti’ nell’articolo 13 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (T.F.U.). Né potrebbe essere considerata culturale o tantomeno legale qualora comportasse anche indirettamente maltrattamenti, lesioni, o uccisioni. I fuochi d’artificio e i mortaretti liberamente utilizzati da privati sono pericolosi per l’incolumità pubblica sia per il disturbo che arrecano alla  quiete pubblica, sia per il rischio di danni a cose, esseri umani e non umani. In particolare, per questi ultimi, è evidente che l’eccessivo rumore li spaventa e li ferisce, provocando reazioni imprevedibili e mettendo a rischio la loro incolumità e quella delle persone. L’eventuale danno fisico o psichico subìto da entrambi non può non essere ritenuto, da una magistratura attenta all’applicazione delle leggi, un reato punibile in base alle normative attuali. Nella fattispecie, per gli animali gli eventuali danni loro arrecati, anche involontariamente, possono integrare il reato di maltrattamento previsto dal Titolo IX bis del Codice Penale, istituito dalla Legge 189/2004, in quanto trattasi di lesioni (o morte) ‘cagionate’ (v. art. 544 bis) senza necessità o per crudeltà. Se non intenzionalmente, certo per colpa grave, tenuto conto di quanto previsto dalle normative. Molti Comuni hanno già da tempo vietato tale usanza, estendendo a tutto il loro territorio le limitazioni previste dal T.U.L.P.S. del 2003 nelle more di un aggiornamento di tale normativa in relazione alla legge suddetta. E’ quindi compito degli amministratori locali provvedere a regolamentare strettamente tale materia con le dovute forme di garanzia per il rispetto dei diritti degli esseri umani e non umani. Grazie per l’attenzione.  Cordiali saluti. Paola Re  Delegata del Movimento Antispecista http://www.movimentoantispecista.org/