Assistiamo da tempo ad una ben orchestrata campagna di stampa che tende ad individuare negli Enti Locali, e segnatamente nell’Ente Provincia, il luogo ove si anniderebbero gli sprechi. Ma non è accettabile che per questo si intervenga in modo maldestro nell’organizzazione dell’ordinamento della Repubblica. Non si deve ridisegnare l’assetto istituzionale con decreti legge, al di fuori di una visione di insieme che eviti gli squilibri. Mi domando: 1) hanno senso una Camera dei Deputati e un Senato che fanno le medesime attività? 2) le Regioni a statuto speciale hanno ancora senso in una relatà Europea? 3) le migliaia di società pubbliche governate da non eletti hanno ancora un senso o le lori funzioni  potrebbero essere espletate da Province e Comuni? 4) stipendi altissimi di  funzionari e dirigenti di Ministeri, Ambasciate, Regioni, ASL e delle tante articolazioni dello Stato hanno ancora senso? 5) se si ritenesse di diminuire il numero delle province, andrebbero eliminate quelle meno densamente popolate o quelle inefficienti premiando le virtuose? L’elenco potrebbe continuare a testimonianza che l’urgenza è mettere davvero ordine nel creare un nuovo modello di governace territoriale più efficiente e meno costoso in modo non demagogico come sin qui avvenuto. Quando si parla di Province è in gioco il modo di essere e di funzionare dello Stato. Guai a confondere i costi della politica con i costi della democrazia. Il ruolo delle Province va valorizzato come presidio democratico del territorio: una comunità che si organizza a livello territoriale in tutti i suoi aspetti (economico, sindacale, politico, associativo…) deve essere governata da un’istituzione democraticamente rappresentativa, attraverso l’elezione diretta degli organi di governo. Gli interventi fin qui proposti sono fragili, di dubbissima leggitimità costituzionale ed incongrui anche verso l’obiettivo di contenere i costi (Province e Comuni hanno ridotto del 20% i loro costi negli ultimi anni, Ministeri e Regioni continuano invece a costare sempre di più). Nel prossimo Parlamento spero prevalga la sfida della serietà alla moda della improvvisazione”. Roberto Peretti