quaglia angelacmjk“E’ di questi giorni la notizia del sequestro di ingenti somme di denaro, oro, gioielli e beni immobili a una famiglia di sinti residenti a Revignano. Tali fatti inducono alcune riflessioni. Come noto, ad Asti esistono due campi nomadi autorizzati, uno a Revignano (per i sinti) e uno, distribuito in due diverse aree, in via Guerra (per sinti e rom). Alle famiglie residenti, appartenenti alle etnie sinta e rom, che hanno scelto di vivere nel campo invece che in una casa tradizionale, la città ha in questi anni garantito, oltre che una soluzione abitativa, una serie di servizi, come l’acqua potabile, la raccolta rifiuti e le manutenzioni. Ora, tutti sanno che le persone residenti nei campi nomadi non hanno, generalmente, un’attività lavorativa “tradizionale”; e ci si è sempre chiesti (ma, sottovoce, ci si dava anche la risposta) come queste persone potessero avere un tenore di vita così elevato rispetto ai mestieri dichiarati: mi riferiscono alle auto di grossa cilindrata, ai camper di ultima generazione, ai gioielli vistosi, alle pellicce lunghe fino alle caviglie. Nel 2000, durante il mio mandato di assessore alle politiche sociali della giunta Florio, avevo predisposto un regolamento (poi approvato in consiglio comunale) in cui si stabilivano alcune regole per il corretto funzionamento dei campi nomadi e si stabilivano diritti e doveri degli abitanti dei campi stessi. Sono andata a rileggerlo: è certamente molto datato e avrebbe bisogno di essere ripreso in mano senza timidezze. Le cose, da allora,  sono molte cambiate: se 15 anni fa si puntava a favorire l’inserimento scolastico dei minori, pur stabilendo che acqua, tassa rifiuti e spese per manutenzioni fossero a carico dei diretti interessati, nel regolamento si parla di allontanamento dal campo solo in caso di comportamenti che mettano a rischio l’incolumità e la tranquillità delle persone residenti nei campi stessi. Oggi, a fronte di un tenore di vita decisamente diverso (almeno da parte dei sinti) si devono stabilire regole più stringenti e più chiare, sempre che ci sia ancora bisogno di un campo nomadi per famiglie che, come si sa, dispongono di abitazioni, in alcuni casi anche particolarmente lussuose. Non possiamo continuare ad ospitare, facendo finta di niente, persone che ci derubano, ci truffano e ci rapinano pagando loro anche l’acqua. Ora che le Forze dell’ordine hanno compiuto gli arresti di cui si parla e per cui le ringraziamo, il Comune  metta mano al Regolamento e stabilisca che le famiglie residenti nei campi nomadi che dispongono di abitazioni in proprietà (anche se di un membro della famiglia e non necessariamente del capofamiglia) siano allontanate dai campi, così come bisogna prevedere che siano allontanati  coloro che vengono condannati per reati contro la proprietà.  In questi casi, inoltre,  il Comune dovrebbe anche costituirsi parte civile  per ottenere il giusto risarcimento a favore dei cittadini che sono stati derubati! Non dobbiamo confondere la solidarietà con la dabbenaggine”. Angela Quaglia