“Ennesima puntata di una telenovela che non ci piace, alla quale non possiamo sfuggire con lo zapping, di cui l’unica cosa certa è la mancanza del lieto fine. Pensiamo forse che Il piano di rientro sulla Sanità, presentato in questi giorni dalla Regione Piemonte, costituisca la fase finale di un percorso al termine del quale vedremo finalmente economicità, stabilità ed efficienza per il nostro Servizio Sanitario? Non lo pensa nessuno: sarà il solito frammento scontato della storia di un Paese impoverito, oggi senza concrete prospettive di ripresa, obbligato a ridimensionare un Servizio Sanitario che non si può più permettere. Intendiamoci, nessuno è così irresponsabile da non condividere l’ esigenza inevitabile di risparmio della Sanità piemontese, così come non ignoriamo che anche a carico nostro ci siano da affrontare problemi di appropriatezza, e quindi di costi indotti. Però nel piano di riordino non vediamo con chiarezza un punto di arrivo ben identificato, ma solo una parte di un percorso neanch’esso chiaro: si indovina una logica sottostante di puro carattere finanziario, il solito tentativo di tamponare provvisoriamente esigenze di bilancio. Ma questa volta a un costo per noi estremamente pesante. Perché è evidente che, con questi provvedimenti, l’ospedale si sguarnisce e si impoverisce, e con esso l’assistenza per gli astigiani, proprio mentre la Regione ci annuncia, guarda un po’, un ulteriore aggravio della pressione fiscale. Le notizie del piano di rientro che ci sono state fornite sono sicuramente parziali, probabilmente nel tentativo di attenuarne l’effetto politicamente controproducente. Il risparmio da ottenere, peraltro risibile, deriverebbe tutto dalla riduzione di stipendio di alcuni primari? Ne dubitiamo, pensiamo che ci sia dell’altro. Dell’altro che non è stato chiarito, ma che per noi ha un’importanza fondamentale: infatti, dopo aver dichiarato che saranno eliminati diversi primariati, nessuna precisazione su cosa sarà dei relativi reparti. Noi invece vogliamo sapere, perché in realtà questo è ciò che ci interessa e ci preoccupa, in termini chiari e precisi: come, dove, da chi, saranno assistiti i loro pazienti? Temiamo infatti che insieme al primario e al suo stipendio scompaiano Malattie Infettive, Radioterapia, Geriatria, Pneumologia, Gastroenterologia, Diabetologia, Chirurgia Vascolare, Dermatologia, Nefrologia, Dietologia, una Medicina Interna. Verrebbero cancellati in un colpo reparti e strutture derivati, nel corso di molti anni, da scelte che li hanno resi espressione delle esigenze dalla nostra gente: scelte che, di volta in volta, come sempre succede ci hanno imposto sacrifici e rinunce ad altro. Consideriamo il numero e la tipologia dei pazienti che si rivolgono alle strutture ora diventate a rischio, i loro dati sono facilmente verificabili: ci immaginiamo di vederli migrare in massa verso altri ospedali di altre città? Radioterapia e Malattie Infettive, per esempio, dispongono di strutture e strumentazioni all’avanguardia, e i loro servizi sono richiestissimi dall’utenza, senza considerare qual’è stato il loro costo. La chiusura di Soc con posti letto, poiché l’Asl Asti è quella con il minor numero di posti per acuti, peggiorerebbe ulteriormente la situazione; se si hanno presenti i pazienti che stazionano in Pronto Soccorso in attesa di ricovero, è facile immaginare quale ingorgo finirebbe per derivarne. Secondo il piano della Regione, rimarrebbe una sola Medicina, cui competerebbero le prestazioni che attualmente sono a carico di tre Medicine (due ad Asti e una a Nizza) e della Geriatria: una struttura “mostro” di difficoltà logistiche e gestionali enormi. E come possiamo essere certi che questo sia l’unico modo per salvare i conti, che non vi siano da qualche altre parte sacche di spese superflue o comunque riducibili, prima di arrivare a penalizzare Asti e la sua provincia (almeno a leggere i giornali, sembrerebbe…)? Quali criteri sono stati seguiti nei tagli? Non sarà che su questa decisione abbia influito anche una certa remissività degli astigiani (astigiano da sempre, se offendo qualcuno offendo prima di tutti me stesso)? Nessuno può e vuole rifiutare a priori un progetto di rientro della Regione, opporci muro contro muro ci vedrebbe comunque dalla parte sbagliata. Però, in assenza di rassicurazioni chiare, trasparenti, e per quanto possibile definitive, al di là di ogni visione ideologica e schieramento politico (la situazione attuale è frutto della gestione di diverse Giunte di colore differente), sarebbe diritto ma soprattutto dovere di una voce comune di Enti, Associazioni, Club di Servizi, cittadini, chiunque, farsi carico di una presa di posizione precisa, forte e condivisa, senza “se” e senza “ma”. In tempi ormai lontani il Cron (Comitato per la costruzione del nuovo ospedale) aveva avuto una parte forse non secondaria e una sua efficacia nella costruzione del Cardinal Massaia. I medici, individualmente o comunque organizzati, ritengo possano impegnarsi ed aderire a qualunque forma legittima di pressione sulla Regione,per dare testimonianza di una popolazione compatta, convinta e determinata. Determinata a non chiedere nulla di più e nulla di meno di quanto sia nel suo buon diritto: conciliare il piano di rientro, questo e quelli futuri, anche con le esigenze dei cittadini astigiani”. Mario Alfani, presidente Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Asti e presidente Alma