Chi glielo racconta agli imprenditori, alla disperata ricerca di tutto ciò che può rendere competitive le loro imprese per uscire dalla crisi che, da gennaio, dovranno misurare lo stress da lavoro dei loro dipendenti? E, nel caso, fare indagini psicologiche?
E’ quanto si chiede Giansecondo Bossi, direttore di Confartigianato Asti che punta il dito contro un’incombenza normativa di provenienza europea a carico delle aziende: l’obbligo, a partire da gennaio 2011, di misurare il rischio da stress lavoro correlato.
“L’Unione europea
– sottolinea Bossi – è sempre più liberale e permissiva nell’aprire il mercato comunitario alle aziende dei Paesi extra Ue e sempre più rigida ed oppressiva verso le imprese europee costrette al rispetto di un numero crescente di regole. La valutazione dello stress da lavoro correlato è un altro ostacolo per l’attività delle piccole imprese che non dispongono di un’organizzazione aziendale e di personale tale da consentire di gestire questo ulteriore obbligo. Così, nonostante i buoni propositi che proprio l’Europa ha indicato nello Small Business Act, per le piccole imprese il traguardo della semplificazione normativa si allontana sempre più. Avanti di questo passo, bisognerà creare uno strumento per misurare lo stress da burocrazia degli imprenditori”.
Non si discute l’impegno a garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori. Ma – fa rilevare Bossi – altrettanto fondamentali sono i principi sanciti nello Small Business Act per ridurre gli oneri amministrativi a carico delle piccole imprese e di sostenere le potenzialità di sviluppo delle Pmi. Per non ripetere l’esperienza di altri provvedimenti inutilmente complessi, come ad esempio, il Sistri, Confartigianato sollecita modalità semplificate per l’applicazione delle norme sullo stress lavoro correlato alle imprese che occupano fino a 10 dipendenti. E impegniamo Governo e Parlamento ad ingaggiare gli sforzi dell’Unione Europea su obiettivi di crescita e di sviluppo, non già sulla misurazione dello stress da lavoro”.