Ieri sera, durante la seduta del consiglio comunale aperto con oggetto la tutela del verde pubblico, ambientalisti da una parte e Alpini dall’altra hanno combattuto l’ennesima battaglia a suon di accuse reciproche per l’annosa vicenda legata alla costruzione della casetta alpina al parco Rivo, relegando il Comune allo scomodo ruolo di arbitro istituzionale. Atmosfera pesante, gravata sin dall’apertura dei lavori dall’annuncio dall’improvvisa scomparsa del fratello di Vincenzo Calvo, consigliere comunale in forze al Partito Democratico.

Non sono bastate quattro ore di dibattito vibrante per condurre le parti in causa a una soluzione condivisa. L’unica certezza, ribadita più volte dai vari consiglieri comunali e dal sindaco di Asti Giorgio Galvagno, è che i lavori della casa in costruzione andranno avanti fino al termine dell’opera.

“Sarebbe improponibile abbandonare un fabbricato a questo punto – ha sostenuto l’assessore provinciale all’Ambiente Pier Franco Ferraris – Per la casa degli Alpini forse si sarebbe potuta trovare un’altra soluzione ma in politica bisogna fare quello che è possibile”.

E l’unica scelta possibile, ha chiarito il consigliere comunale di Noi per Asti (e alpino) Mario Aresca, è stata individuata proprio nel parco Rivo: “Era da anni che chiedevamo al Comune un nuovo locale per la nostra sede, una soluzione resasi necessaria perché come Alpini non eravamo più in grado di pagare l’affitto nei vecchi locali di corso Alfieri”. Secondo gli ambientalisti, tuttavia, l’esigenza di una nuova locazione non giustifica la costruzione di un nuovo immobile, specialmente vista l’abbondanza di edifici preesistenti e tuttora inutilizzati in città. E a maggior ragione in un parco dove vige il vincolo d’inedificabilità.

Una partita importante su questo aspetto si giocò con l’opzione “Caserma Mutti”, il grande complesso un tempo adibito a palestra che sorge a pochi passi dal Tribunale di via Govone. Il Comune diede il via libera all’occupazione della sede e gli Alpini in un primo momento parvero interessati all’offerta. I successivi rilievi tecnici ordinati dall’Ana portarono tuttavia a rifiutare l’offerta: la sede fu ritenuta sovradimensionata (sviluppandosi su due piani) e insostenibile per via costi necessari ai lavori di ristrutturazione e gestione. Nuova proposta e nuovo fallimento anche con l’offerta di condivisione dei locali attualmente occupati dall’Aism, in corso Volta: pure in questo caso la struttura risultò strutturalmente non idonea e in più gravata dal vincolo d’utilizzo a fini universitari. Aresca ha replicato perentorio: “Non è vero che non abbiamo voluto discutere, semplicemente le sedi via via presentate non sono risultate idonee. Abbiamo accettato la proposta d’insediamento al parco Rivo quando l’Amministrazione comunale ha individuato nella casa nel parco un possibile presidio del territorio”. Il tema della sicurezza non convince, però, gli ambientalisti: “Il parco Rivo non ha più problemi rispetto ad altri parchi – ha dichiarato il portavoce del comitato spontaneo a difesa del Parco Rivo Andrea Pignatelli – e la tutela della zona non è nemmeno l’obiettivo principale della convenzione stipulata tra il Comune e gli Alpini. La casa nel parco crea un pericoloso precedente: d’ora in poi anche altre associazioni potrebbero avanzare la stessa richiesta e tutto questo a discapito dell’ambiente”.

La controversa soluzione è, secondo il referente dei programmi didattici ambientali del V° Circolo Giampiero Monaca, “un credito di fiducia e rispetto per le azioni sostenute degli Alpini in passato, ma anche uno schiaffo alla comunità del borgo Torretta e uno stupro di un’area verde con 24 pilastri di cemento”.

Monaca rimprovera alle penne nere di aver disatteso gli oneri della convenzione: “Gli Alpini, che dovrebbero sorvegliare e valorizzare il parco, non hanno nemmeno spalato la neve in occasione dell’ultima emergenza. La loro presenza ci costa 30.000 euro, soldi pubblici che il Comune sta versando in quattro rate e che vengono sottratti all’assessorato all’ambiente”.

Il presidente della sezione ANA Adriano Blengio non ci sta, e alla definizione di “usurpatori del parco” ha risposto con una fitta lista d’interventi che hanno coinvolto gli Alpini nel 2011: tra queste la presenza alla Fiera di Asti, alle Sagre e anche durante l’emergenza neve: “Non bisogna dire falsità: il 16 febbraio abbiamo spalato neve e ghiaccio da due viali del parco Rivo, e solo nell’ultimo anno abbiamo fornito 24.000 euro di lavoro volontario e devoluto oltre 23.000 euro. La nostra presenza nel parco vuole solo essere a servizio della città”.

La vicenda della sede alpina nel parco lascia il segno anche a livello politico: il progetto, nato nel 2006 con la giunta Voglino e proseguito “per continuità istituzionale” dall’attuale giunta Galvagno, è stato difeso dallo stesso Voglino (“La scelta, fatta in quel momento, è stata sufficientemente motivata) e da Alberto Bianchino (“La casa è un debito di riconoscenza per l’impegno profuso dagli Alpini nell’alluvione che colpì Asti nel 1994 ed è un segno di continuità legislativa”), compagni di giunta nel 2006 e ora seduti tra i banchi dell’opposizione.

Il richiamo alla “continuità istituzionale” ha raccolto il plauso di Galvagno che, in merito, chiarisce: “La vicenda è stata ampiamente strumentalizzata. La mia giunta è sempre stata propensa a salvaguardare le aree verdi, non a caso abbiamo varato progetti per quattro nuovi parchi.  La casa degli Alpini c’è e rimane: se un giorno le penne nere dovessero lasciarla potremmo riqualificarla, ad esempio, come asilo, ma non verrà mai abbattuta”. Non sono dello stesso avviso i consiglieri d’opposizione Anna Bosia e Alberto Pasta, che hanno giudicato il progetto “un emblematico errore, specialmente in una città come Asti che ha meno aree verdi rispetto agli altri capoluoghi piemontesi”.

Sostenitori e detrattori han trovato però l’accordo su un punto: bisogna guardare al futuro. “All’incapacità del Comune di reperire un immobile adatto per le esigenze degli Alpini – ha precisato il consigliere Udc Davide Arri – si è dovuto porre rimedio offrendo lo spazio nel parco. Ora sulla casa bisogna guardare oltre: è necessaria integrarla con il tessuto sociale in modo da garantire la sua più ampia funzionalità”.

Fabio Ruffinengo