Il Partito Democratico chiede al sindaco Galvagno di aprire un tavolo di crisi sull’ex Gate, ora Johnson Electric.
Lo fanno in una lettera aperta il capogruppo in consiglio comunale Fabrizio Brignolo e la sua vice Maria Ferlisi invitando il sindaco a convocare l’azienda, le rappresentanze dei lavoratori e i sindacati  “per chiedere quali siano i programmi di sviluppo e le reali intenzioni in merito allo stabilimento di Asti; quali siano le azioni di sostegno in merito alla localizzazione, alla possibilità di accedere a finanziamenti per la formazione e il sostegno all’occupazione, i finanziamenti alla ricerca che potrebbero convincere la multinazionale cinese a confermare la presenza dello stabilimento ad Asti, quali siano le ragioni per cui non si procede con la dovuta solerzia all’attivazione delle procedure per il rinnovo della cassa integrazione che scadrà in estate”.
Nell’ottobre 2005 dopo una lunga trattativa, sostenuta anche dagli enti locali (il sindaco in carica era Vittorio Voglino), la Johnson Gate e i sindacati stipulavano un accordo, davanti alla Regione Piemonte che prevedeva la ristrutturazione e la razionalizzazione della fabbrica astigiana.
“In quell’occasione i lavoratori si fecero carico dell’esigenza di contenimento dei costi e della gestione di una difficile fase di ristrutturazione del personale, tale da comportare anche esuberi – affermano i due consiglieri democratici –  a fronte dell’impegno dell’azienda a fare dello stabilimento astigiano un polo tecnologico e logistico per l‘Europa, ospitando il centro tecnico globale per lo sviluppo, l’applicazione e l’assemblaggio dei CFM, motori di nuova generazione,  il centro di sviluppo dei sistemi per l’intera area automotive, la sede di produzione dì piccoli lotti di motori”.
A sei anni di distanza, secondo Brignolo e Ferlisi, si è effettivamente avviata una collaborazione universitaria e sono stati conseguiti alcuni degli obbiettivi prefissati, ma pare che le scelte aziendali siano mutate e che stia acquisendo rilievo, a discapito del centro astigiano, lo stabilimento sito in Ungheria, “risulta anzi che l’azienda non si stia attivando per il rinnovo degli ammortizzatori sociali che scadranno a luglio”.
E’ questa infatti la principale preoccupazione contingente. Sono in cassa integrazione straordinaria una trentina di lavoratori, in maggior parte impiegati. Per loro la copertura della “cassa” scadrà ad agosto. Se entro quella data la Johnson Electric non si attiverà per il rinnovo del provvedimento, l’unica strada possibile è la mobilità.
Le Rsu hanno già avuto un incontro con i tecnici del ministero del lavoro, che hanno confermato la massima disponibilità a favorire la proroga del periodo di cassa, ma resta essenziale la volontà dell’azienda di richiederlo.
“Siamo in attesa di un incontro presso il ministero per discutere con i dirigenti della Johnson, – afferma Tino Camerano, segretario provinciale della Fim-Cisl –  puntiamo sui contratti di solidarietà per salvare il posto degli impiegati in cassa integrazione”.
Dal canto suo il Pd sollecita un intervento ritenendo che “il futuro della fabbrica sia un bene primario per  tutta la città, che non può rimanere confinato al sistema dei rapporti sindacali tra azienda e lavoratori, ma deve vedere in campo anche le istituzioni con tutto il loro peso”.
Massimiliano Bianco