ARTIGIANATOI risultati della rilevazione sulle imprese artigiane relativa al primo semestre 2012 s’inquadrano in una cornice particolarmente critica. Venuta meno la spinta al recupero che aveva segnato il 2010, dalla seconda metà del 2011 l’economia nazionale e del Piemonte è in recessione, tendenza confermata per l’anno in corso, in cui si prevede una dinamica negativa del Pil regionale (la stima è -2,0%), un rallentamento dell’export, un calo significativo della domanda interna e dei consumi delle famiglie, un ulteriore incremento della disoccupazione – in termini reali prossima ormai al 10%. Le performance realizzate dalle imprese artigiane non lasciano spazio all’ottimismo: a partire dalla seconda metà del 2011 i saldi aumento-diminuzione relativi all’andamento di domanda, fatturato, occupazione delle imprese hanno ripreso a peggiorare. Questa dinamica è risultata in ulteriore rafforzamento nella prima parte dell’anno in corso. Rispetto al secondo semestre del 2011 sono infatti peggiorati i saldi relativi al livello della domanda (da -32,6 a -44,9, nel primo semestre 2011 era -22,4) e al fatturato (-28,5 a -43,4, era -23,0 un anno prima), con indicazioni particolarmente negative nelle costruzioni (fatturato da -31,0 a -48,1) e nei servizi globalmente intesi (fatturato da -33,1 a -46,5). La percentuale d’imprese che hanno effettuato investimenti, già contenuta, è stata in ulteriore calo (da 24,8% a 20,1%). Il giudizio sull’andamento dell’economia regionale (saldo che precipita a -68,2) è il peggiore mai rilevato (nel terribile primo semestre 2009 si era fermato a -66,2). Le previsioni sul secondo semestre palesano una disillusione rispetto alle possibilità di rilancio, ma non sono più negative di quelli espressi sei mesi prima; il saldo ottimisti-pessimisti sull’economia regionale, dal precedente -43,4 “sale” a -39,2. La disamina settoriale evidenzia un andamento meno negativo nel ramo metalmeccanico (più “agganciato” alla domanda estera) che risulta tuttavia in deciso peggioramento: il saldo della domanda (da -19,0 a -31,5) e del fatturato (passato in dodici mesi da -0,3 a -25,2) testimoniano il deteriorarsi del mercato, quello relativo all’occupazione, che per due semestri era stato di segno positivo, ritorna su valori negativi (da +2,5 a -4,0). Particolarmente preoccupante la situazione nelle manifatture leggere, con un saldo relativo all’occupazione (-10,4) che non trova eguali in tutti i settori. In drastico peggioramento anche le costruzioni, con un saldo del fatturato che passa da -31,0 a -48,1. Nei servizi, le maggiori criticità si riscontrano nelle riparazioni (domanda -65,4, fatturato -58,9) e nei trasporti, settore con il peggiore saldo occupazionale del comparto (-9,2). E’ da rimarcare che i giudizi più negativi sullo stato dell’economia regionale provengono dagli imprenditori delle riparazioni (-73,3), delle costruzioni (-72,9), dei servizi personali (-72,4), tutti dipendenti in larga parte dalla domanda interna e dai consumi delle famiglie. Pochi gli spunti di riflessione offerti dalla “geografia”: situazione in peggioramento ovunque, ma con più evidenti segnali di difficoltà nelle province orientali di Novara (saldo fatturato -49,8) e Alessandria (fatturato -52,2). Il saldo occupazionale maggiormente negativo è in provincia di Asti (-10,5), seguita da Vercelli (-9,5)e Torino (-9,1). Non ci sono best performer: gli indicatori raccolti in provincia di Cuneo e, a seguire, di Biella, sono comunque meno negativi. Le caratteristiche strutturali delle imprese e quelle personali degli imprenditori, naturalmente, differenziano performance e previsioni: tra le imprese con più di dieci addetti si osservano una maggiore tenuta e percentuali di aziende che investono attestate intorno al 43%-44%. Queste imprese, tuttavia, costituiscono appena il 2% del totale; inoltre il saldo aumento-diminuzione degli occupati, nella classe 11-15 addetti, è stato pari a -11,7. Nel complesso, le imprese guidate da imprenditori con titolo di studio medio-alto e di età più giovane, esprimono performance meno negative della media.   L’aggiornamento annuale sulle dotazioni tecnologiche conferma l’ormai stabile aderenza dell’impresa artigiana agli standard minimi richiesti dal contesto tecnologico odierno. La percentuale d’imprese dotate di PC (85,0%), connessione Internet (81,7%), sito web (38,8%) ritocca in positivo i dati del 2011; permane una quota di “analfabetismo digitale” –  15% di aziende prive di computer –tra le imprese che impiegano il solo titolare, soprattutto nel ramo dei servizi personali e tra i titolari con più di sessant’anni. Le aziende dotate di collegamento Internet (oltre quattro su cinque) utilizzano la rete prevalentemente come canale comunicativo (anche con le banche, 79,2% dei casi, e la pubblica amministrazione, 42,2%), piuttosto che come “vetrina dei prodotti” (indicato comunque dal 40,5% degli user); inoltre, Internet è utilizzata assai più per acquistare (20,5% degli user) che per vendere (9,2%).   Il primo dei due approfondimenti tematici annuali era dedicato al tema dell’innovazione. Agli imprenditori si è richiesto, a fronte della disponibilità di risorse da investire, d’indicare le loro eventuali priorità. Il dato più eclatante risiede nel 38,6% che ha dichiarato, in ogni caso, non “farebbe niente” (neanche a fronte di risorse da destinare). Le motivazioni si distribuiscono tra il 36,8% che ritiene l’azienda già competitiva, il 31,7% che dichiara che le innovazioni utili sarebbero comunque troppo costose, il 30% che non ha idee chiare su cosa sarebbe necessario o ritiene di non avere tempo per i cambiamenti. L’idea d’innovazione, come si evince dalle risposte, appare tuttora legata all’acquisto di macchinari e tecnologie in grado di rendere più efficiente l’attività (31,8% del totale). In subordine, ma distante, l’innovazione del prodotto/servizio (il 5,4% migliorerebbe i prodotti, il 5,1% ne progetterebbe di nuovi) e l’ampliamento degli orizzonti del mercato (5,4%). Il settore e il territorio differenziano poco le risposte. Tra i titolari di attività di servizi alle imprese, in ogni caso, si registrano quote di rispondenti più elevate della media orientati a investire sul prodotto, in formazione, nella ricerca di nuovi mercati. Il secondo approfondimento verteva sulle decisioni di policy ritenute più adeguate per uscire dalla crisi.Le risposte evidenziano una priorità accordata al tema della spending review nella pubblica amministrazione, indicata al primo posto (46,7% dei rispondenti) dagli imprenditori di ogni settore, territorio, età, titolo di studio. Al secondo posto, si afferma l’opzione, espressa dal 26,5%, di rilanciare i consumi interni attraverso il sostegno al reddito delle famiglie. Significativamente, tale percentuale è più elevata tra gli imprenditori delle manifatture leggere (alimentare, tessile, abbigliamento, ecc.), delle riparazioni e dei servizi personali, settori dove tocca e supera il 30%. Il 25,3% ha indicato, tra le strade da perseguire, il sostegno (attraverso premi fiscali) agli investimenti delle imprese; non si rilevano su questo argomento significativi scostamenti settoriali. Al quarto posto, la richiesta di ulteriore flessibilità del mercato del lavoro, indicata dal 23,3% del totale (e dal 37% della ristretta quota di giovanissimi, con meno di 30 anni). Tutto sommato, poche le preferenze accordate a temi ugualmente presenti nel dibattito pubblico: il 13,9% ritiene che dovrebbe essere più efficiente la lotta all’evasione fiscale (19,7% tra gli autotrasportatori), mentre le misure per la crescita, come gli investimenti in infrastrutture (indicate appena dall’8,4% dei rispondenti) e le liberalizzazioni (2,2%) sembrano riscuotere poca attenzione o consenso.