“Per ora attendiamo la decisione che verrà presa lunedì prossimo al Ministero. Se però dall’incontro non si giungerà ad una soluzione definitiva, a partire da martedì ci organizzeremo già con le assemblee sindacali per indire lo sciopero generale a Roma”: così Gabriele Montana e Salvo Lo Presti, Segretari Territoriali Nursind di Asti e Alessandria hanno commentato la presa di decisione, in attesa dell’incontro del 26 settembre, giorno in cui è stato convocato dal Ministero del Lavoro il tentativo di raffreddamento e conciliazione a seguito della dichiarazione da parte di NurSind riguardo allo stato di agitazione per il personale del comparto e della dirigenza sanitaria. La richiesta di conciliazione, inviata il 15 settembre, indica quali sono le motivazioni per cui si potrà arrivare a una o più giornate di sciopero. Tre gli aspetti principali: 1.    mancato rispetto della sentenza della corte costituzionale e della contrattazione del triennio 2013-2015; tale situazione non ha nemmeno dato la possibilità alla rappresentanza infermieristica di essere presente ai tavoli della contrattazione decentrata; 2.    insufficienti risorse economiche per il rinnovo del triennio 2015-2017 (300 milioni di euro per il 2016 e pochi altri forse dal 2017) e per il ridotto adeguamento del FSN secondo quanto stabilito dal Patto per la Salute sottoscritto tra Stato e regioni; 3.    carenze organizzative e di personale legate al demansionamento e alla mancata attuazione della legge di stabilità 2016 circa le assunzioni di personale per adeguare gli organici e rispettare i limiti sull’orario di lavoro previsti dal dlgs 66/2003; il permanere del precariato oltre i limiti di legge. Tutti questi punti vanno a incidere su aspetti legati alla contrattazione che ormai manca da 7 anni e il cui blocco sta causando disfunzioni nei servizi e danneggia la rappresentanza dei lavoratori. Secondo il segretario nazionale NurSind, Andrea Bottega: “Le soluzioni ipotizzate in questi giorni (“contratto ponte” solo economico, aumento solo per chi ha un reddito lordo inferiore ai 26.000 euro, aumento dell’orario di lavoro in cambio di qualche euro in più, ecc) per arrivare alla chiusura in tempi brevi del rinnovo del contratto nazionale di lavoro, non rispettano la dignità dei professionisti che rappresentiamo. Abbiamo ben accolto la volontà del comitato di settore e del Ministero della Salute di emanare per primi l’atto di indirizzo, ma a fianco di questa accelerazione non possiamo non rilevare che ad oggi si vuole far partire la contrattazione con risorse economiche insufficienti e con un quadro normativo incerto. Accanto a queste difficoltà oggettive si profila un continuo definanziamento della sanità che pone a serio rischio l’attuazione dei LEA e la garanzia dei diritti costituzionali dei cittadini. Noi, professionisti della salute del comparto e della dirigenza sanitaria” – continua Andrea Bottega – “non vogliamo essere complici delle deficienze organizzative causate dai continui tagli di risorse economiche e umane. Siamo ancora in attesa dell’incremento delle dotazioni di personale previste dai commi 541 e 543 dalla legge di stabilità del 2016, quando un anno fa si parlava di 6.000 nuove assunzioni tra medici e infermieri”. Da tempo ormai assistiamo ad una svalutazione del mandato costituzionale da parte delle istituzioni: non più il lavoro come fondamento della crescita comune bensì la centralità di una politica e un’economia della promessa. Meno lavoro per chi è disponibile, sempre più concentrato in poche persone e sempre più svolto in età avanzata tanto da diventare oppressivo. Per tutti, infermieri disoccupati e infermieri oberati, la promessa di assunzioni e di salari dignitosi. “Siamo stanchi – conclude Andrea Bottega – di vedere calpestata la dignità dei lavoratori che rappresentiamo. O ci sono i presupposti per una svolta vera oppure non ci accontenteremo di pochi spiccioli”.