sciopero generaleUna mobilitazione generale che non mancherà di creare grossi disagi, quella prevista per oggi venerdì 12 dicembre. Lo sciopero proclamato a livello nazionale da Cgil e Uil coinvolgerà tutti i settori, dall’industria ai trasporti alla pubblica amministrazione. Ma anche scuole, banche, sanità e commercio: tutti uniti per dire “No” alle riforme del Jobs Act, alla legge di stabilità, alle riforme per la pubblica amministrazione. Da Asti sono una decina i pullman partiti alla volta di Torino. Uno sciopero che si prevede, dunque, molto partecipato e sentito, che ha come nodo centrale il Jobs Act, le cui riforme, secondo i sindacati, snaturano i diritti dei lavoratori e che non andranno a migliorare la situazione della disoccupazione che, secondo gli ultimi dati, ha raggiunto livelli inaccettabili: oltre il 13%, che diventa 47% se si tratta di giovani. Una situazione insostenibile, insomma, che Cgil e Uil già da tempo stanno denunciando e che troverà nella mobilitazione di venerdì una voce comune nazionale. “Abbiamo deciso di organizzare una protesta generale – precisa Giuseppe Morabito della Fiom di Asti – perché il Governo non può continuare ad andare avanti lungo la propria strada, senza cercare un confronto con le parti sociali. Siamo noi infatti che giorno dopo giorno viviamo accanto ai lavoratori e conosciamo perfettamente le loro esigenze. Attraverso lo sciopero ci facciamo portavoce dello stato di disagio che coinvolge aziende e lavoratori, offrendo al Governo delle proposte per modificare l’attuale Jobs Act che non ha ancora una forma definitiva. È quindi questo il momento di far sentire la nostra voce”. Numerosi i punti su cui intervenire, secondo i sindacati. In particolare, vanno riviste le decisioni prese in merito agli ammortizzatori sociali e all’articolo 18. “Gli ammortizzatori dovranno essere estesi a tutti, anche alle aziende al di sotto dei 15 dipendenti, anche perché i fondi per la cassa in deroga sono finiti – precisa Morabito. E continua: “Per quanto riguarda l’articolo 18, noi proponiamo un ampliamento delle tutele. Non ha senso cancellare con un colpo di spugna un articolo che per decenni ha funzionato anche come deterrente per licenziamenti senza giusta causa”. “Se l’obiettivo del Governo è creare nuovi posti di lavoro – spiega Morabito – bisogna capire che questi non si creano demansionando i lavoratori o allargando la possibilità di licenziare. Non crediamo che tutti i problemi derivino dall’articolo 18: difficilmente, volta eliminato, avremo la coda di aziende che vorranno investire in Italia. I problemi sono altri”. Conclude il sindacalista: “Non è più il momento di concertare. La concertazione nata nel 1993 per non arrivare al conflitto ormai è anacronistica. Dobbiamo far capire che la gran parte dei lavoratori dipendenti hanno bisogno di altre tutele rispetto quelle previste nel Jobs Act. I lavoratori, che sono la parte sana del nostro paese, quella che paga le tasse ancor prima di ricevere lo stipendio, devono essere aiutati e tutelati. Il Governo deve capirlo bene”. Ci proveranno ora, venerdì mattina. Laura Avidano