Asti è un punto rosso sulla mappa, insieme ad altre cinque città (due in Spagna, una nel Regno Unito, una in Estonia, una in Bulgaria), coinvolte nel progetto europeo MoMa.Biz, avviato nel 2010 per promuovere la mobilità sostenibile nelle zone industriali e commerciali, spesso difficili da raggiungere se non con l’auto propria e altrettanto difficili da percorrere nel proprio interno se non con veicoli privati, con grave incremento del traffico, dell’inquinamento e del dispendio energetico correlato all’uso non consapevole dei mezzi di trasporto. L’Ufficio Ambiente della Provincia e del Comune di Asti hanno presentato venerdì scorso i risultati di un anno di studio, informazione e pubblicizzazione e di un mese di sperimentazione di alcune tra le attività previste. In un mese, qualcosa si è già mosso: i taxi a costo dimezzato nei primi trenta giorni di sperimentazione ( a 4 euro) per il tragitto tra la stazione ferroviaria e dei pullman e la zona industriale, l’uso di Jungo (l’autostop “rivisitato”, con il pagamento diretto all’autista da parte dell’utilizzatore e il controllo della serietà di chi chiede un passaggio). Oltre alle misure studiate a livello locale, sono stati realizzati due strumenti di applicazione internazionale: le “Boxed solutions”, dieci soluzioni in scatola per migliorare la mobilità delle aree industriali, utili per l’implementazione della “Mobility label”, l’etichetta della sostenibilità dei trasporti che, al pari delle eco-etichette sugli elettrodomestici, certifica quanto un’area industriale sia accessibile da mezzi di trasporto alternativi all’automobile, secondo una scala di colori dal rosso (scarso) al verde (ottimo). Si è costituito in questi giorni il tavolo tecnico che comprende Provincia, Comune, Arpa: per lavorare in modo coordinato, riunendo gli sforzi ed estendendo alla città intera le conoscenze acquisite con il progetto, per realizzare le azioni previste dal Piano della Mobilità, ma non ancora attuate. Ultima, ma non per importanza, l’idea, copiata dalla Gran Bretagna, di creare un “club di imprese”, per condividere servizi, diminuire costi, migliorare la qualità della vita di lavoratori, aziende, persone che si recano nelle zone industriali e commerciali come clienti o fornitori. Il “club” delegherebbe a un ufficio centrale in loco la gestione di spese per le utenze e per tutti quei servizi che sono indispensabili alla vita delle aziende.