Oggi, 27 maggio, Unioncamere Piemonte e Confindustria Piemonte hanno diffuso i risultati a consuntivo e previsionali delle rispettive indagini congiunturali, con l’obiettivo di monitorare l’andamento della congiuntura in Piemonte. Dopo i saluti del Presidente di Confindustria Piemonte Gianfranco Carbonato, sono intervenuti la responsabile dell’Ufficio Studi e Statistica di Unioncamere Piemonte Sarah Bovini, che ha analizzato i risultati della performance congiunturale del periodo gennaio-marzo 2013, e il responsabile dell’Ufficio Studi Economici di Confindustria Piemonte Luca Pignatelli, che ha presentato le previsioni dell’industria piemontese per il II trimestre 2013. A commento dei dati illustrati da Unioncamere Piemonte e Confindustria, sono poi intervenuti Giovanni Foresti, economista del Servizio Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, e Zeno Rotondi, capo economista Italia di Unicredit. Ha chiuso i lavori il Presidente di Unioncamere Piemonte Ferruccio Dardanello. Le indagini presentate da Unioncamere Piemonte e Confindustria Piemonte evidenziano una situazione congiunturale ancora difficile, caratterizzata da una contrazione dei livelli produttivi e da un clima di aspettative sfavorevole. La flessione della produzione industriale registrata dall’indagine di Unioncamere Piemonte nel primo trimestre 2013 trova corrispondenza nelle previsioni pessimistiche per il secondo trimestre rilevate da Confindustria Piemonte. La recessione colpisce in misura trasversale tutti i settori, le tipologie d’impresa e le aree territoriali, sia pure con sfumature diverse; in particolare, in questa fase risulta determinante un solido posizionamento sui mercati esteri. “Le previsioni delle imprese piemontesi per il II trimestre 2013 non alimentano speranze sui tempi di uscita dalla crisi, che si prospetta ancora lunga e difficile. Il clima di fiducia rimane improntato al pessimismo, come nei mesi scorsi, portando a sette la serie di trimestri negativi. La relativa stabilità dei principali indicatori, che nel complesso migliorano lievemente rispetto a dicembre 2012, non anticipa di per sé una svolta nel ciclo recessivo, ma tende a escludere un’ulteriore involuzione delle condizioni di mercato. Sono confermate la tenuta dell’export e il ruolo decisivo della domanda estera: le aspettative delle imprese ben posizionate sui mercati esteri sono infatti in sostanziale equilibrio e divergono molto da quelle delle aziende presenti soltanto sul mercato domestico. È evidente, tuttavia, che le esportazioni non possono da sole trainare la ripresa, tanto più in un contesto di rallentamento dell’intera Unione Europea. Non si potrà uscire dalla crisi senza interventi a sostegno della crescita e della domanda interna: misure che richiedono un’azione concertata a livello comunitario e non possono essere demandate ai singoli Paesi” ha dichiarato Gianfranco Carbonato, Presidente di Confindustria Piemonte. “La crisi continua a mordere. Il quadro economico che abbiamo di fronte resta preoccupante e la sfida per le nostre imprese sembra essere sempre più difficile. Bisogna stringere i denti e abbandonare le ricette tradizionali di politica economica, cercando soluzioni nuove. Per l’Italia e per il Piemonte, il sostegno al made in Italy nel mondo resta fondamentale. Ma la crescita nel lungo periodo potrà essere sostenibile solo se si rimetteranno in moto i consumi interni e gli investimenti, abbinati a politiche strutturate sull’internazionalizzazione. Da qui dobbiamo ripartire per innovare e rilanciare il tessuto imprenditoriale del nostro territorio e permettere così all’occupazione di ritornare finalmente a crescere” ha commentato Ferruccio Dardanello, Presidente Unioncamere Piemonte. “La crisi degli ultimi anni ha colpito pesantemente l’economia piemontese, che tra il 2008 e il 2012 ha subìto un calo del Pil pari al 6,4% (a prezzi costanti) – rileva Giovanni Foresti, economista del Servizio Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo -. Questo andamento è stato fortemente condizionato dal crollo degli investimenti (-15,7%), ma anche dei consumi interni (-2,5%) e della domanda dei mercati europei. In questo contesto, l’export piemontese di manufatti è riuscito a conquistare quote di mercato nei Paesi extra-europei, registrando un balzo del 27,2% tra il 2008 e il 2012 (a prezzi correnti), con punte del 38,3% negli Stati Uniti e del 75% in Cina e brillanti performance soprattutto per la meccanica, l’alimentare e la componentistica auto. Dopo un 2013 ancora critico, con un calo del fatturato stimato intorno al 2,5%, una lenta ripresa dovrebbe avviarsi dal 2014, grazie soprattutto all’accelerazione delle esportazioni, che dovrebbero tornare a crescere anche sui mercati europei. Risultati migliori potranno essere ottenuti dalla filiera meccanica, dove il buon posizionamento competitivo si sommerà a migliori opportunità anche sul mercato interno”. “La nostra analisi – sottolinea Zeno Rotondi, capo economista Italia di Unicredit – si concentra sulla competitività delle principali filiere di specializzazione del Piemonte: automotive, sistema moda, macchine e impianti, alimentari e bevande, lavorazione dei metalli, componentistica meccanica (collegata ad automotive e meccanica strumentale). L’indice sintetico di competitività sostenibile mostra come, nonostante una generale debolezza nel sourcing collegata a carenze che interessano l’intero Paese, tutte le filiere attive sul territorio presentino buone performance nelle fasi di trasformazione industriale. Valori contenuti per quanto riguarda la distribuzione, anch’essa criticità che accomuna l’intera industria manifatturiera nazionale. Sulla competitività pesa soprattutto l’equilibrio lungo la filiera: miglior posizionamento per i beni finali a fronte di difficoltà a monte e a valle, nelle fasi di sourcing e distribuzione. Vanno meglio le filiere dove la competitività è omogenea tra fasi (componentistica meccanica e macchine e impianti), quelle dove la subfornitura è emancipata dai beni finali (automotive) e quelle dove è importante il marchio (sistema moda). È indispensabile, perciò, il supporto delle politiche pubbliche e bancarie alle imprese che vanno sui mercati esteri e, in un’ottica di filiera, a quelle che ne costituiscono la rete di subfornitura. Dalla nostra analisi emerge, inoltre, come la distribuzione sia un fattore di debolezza chiave per chi voglia andare sui mercati esteri”. Primo Trimestre 2013: i dati a consuntivo di Unioncamere Piemonte Nuovo segno meno per la produzione industriale piemontese: -5,1% rispetto al I trimestre 2012 Prosegue anche nei primi mesi del 2013 la fase recessiva attraversata dal tessuto manifatturiero piemontese. Dopo la lieve attenuazione rilevata nel periodo ottobre-dicembre 2012, nel I trimestre 2013 si registra un nuovo inasprimento delle difficoltà: la variazione tendenziale grezza della produzione industriale risulta pari al -5,1%. I trimestri consecutivi di decremento dell’output prodotto dal comparto manifatturiero regionale sono, così, giunti a sei. La contrazione della produzione industriale si associa ai risultati negativi realizzati dagli altri indicatori congiunturali. Gli ordinativi interni diminuiscono del 5,6% rispetto al periodo gennaio-marzo 2012; quelli esteri, dopo la sostanziale stabilità registrata negli ultimi mesi del 2012, scontano una nuova diminuzione (-2,7%). Cala anche il fatturato: le imprese manifatturiere piemontesi registrano, mediamente, una variazione tendenziale del fatturato totale pari al -4,3%, solo parzialmente mitigata dalla più lieve contrazione ridella componente estera (-2,1%). Sono questi alcuni dei risultati emersi dalla 166ª “Indagine congiunturale sull’industria manifatturiera” realizzata da Unioncamere Piemonte in collaborazione con gli Uffici studi delle Camere di commercio provinciali. La rilevazione è stata condotta nei mesi di aprile-maggio 2013 con riferimento ai dati del periodo gennaio-marzo 2013, e ha coinvolto 1.187 imprese industriali piemontesi. L’andamento negativo ha coinvolto tutti i comparti dell’industria manifatturiera piemontese, anche se con intensità differenti. Le industrie meccaniche hanno scontato la flessione più marcata, con una produzione in calo del 7,9% rispetto al I trimestre 2012, seguite dalle industrie dei metalli e da quelle del legno e del mobile, che hanno registrato diminuzioni rispettivamente pari al 6,1% e 6,0%. La produzione delle industrie dei mezzi di trasporto si è ridotta di 5,8 punti percentuale rispetto al periodo gennaio-marzo 2012, mentre l’output prodotto dalle industrie chimiche e delle materie plastiche si è contratto del 5,0%. Risultano migliori rispetto al dato medio regionale, ma pur sempre di segno negativo, le performance dei rimanenti comparti: si registra un -3,6% per le industrie tessili e dell’abbigliamento, -2,5% per le industrie alimentari e -1,4% per le industrie elettriche ed elettroniche. Ad eccezione del tessuto manifatturiero del vercellese, che ha manifestato una sostanziale stabilità rispetto al I trimestre 2012 (+0,2%), il segno negativo accomuna tutte le altre realtà territoriali. Novara e Torino hanno scontato le flessioni più intense (rispettivamente -6,4% e -6,3%), seguite da Asti, che registra una diminuzione dell’output prodotto del 5,5%. Biella e Cuneo manifestano contrazioni del 4,7% ciascuna, il Verbano Cusio Ossola registra una diminuzione del 3,9%, e la produzione industriale dell’alessandrino cala del 2,2%. Secondo trimestre 2013: i dati previsionali di Confindustria Piemonte Rimangono pessimistiche le attese delle aziende piemontesi All’indagine hanno risposto circa 1.000 imprese di tutti i settori e dimensioni. Dalla rilevazione emerge un lieve miglioramento dei principali indicatori previsionali, ma il quadro generale permane negativo. Ancora una volta, è solo l’export a presentare valori cautamente confortanti. Nel 2012, così come nella prima parte del 2013, il ciclo economico sta attraversando una fase recessiva. Il saldo ottimisti-pessimisti sulla produzione industriale relativo al II trimestre del 2013 è pari a -15,7%: 6,9 punti in miglioramento rispetto alla precedente rilevazione, quando si era osservato un -22,6%. A livello settoriale, la differenza tra aziende metalmeccaniche e non metalmeccaniche è minima: entrambi i comparti fanno registrare un incremento della fiducia, ma rimangono in una fase di difficoltà. Le previsioni sugli ordini export restano stabili, e il dato è al di sopra del punto di equilibrio per il terzo trimestre consecutivo. In dettaglio, per il II trimestre del 2013 il saldo ottimisti-pessimisti sugli ordini export è del +2,5%. Le aspettative delle imprese piemontesi sugli ordini totali registrano un miglioramento di 5,9 punti rispetto al periodo precedente: il dato, nel II trimestre del 2012, si attesta al -13,2%. Le imprese che prevedono di fare investimenti per ampliamenti e per sostituzioni, rispettivamente il 20,3% e il 31,4%, sono sicuramente meno rispetto a quelle che si possono osservare in un periodo di sviluppo economico “normale”, ma restano comunque costanti rispetto alle ultime indagini. Nessuna variazione anche per quel che riguarda i ritardi degli incassi, segnalati da circa il 63% delle aziende. Investimenti e ritardi degli incassi pagano le conseguenze di un mercato del credito restrittivo, nonostante le recenti politiche monetarie accomodanti da parte della Bce. Il tasso di utilizzo della capacità produttiva rimane stabile, attestandosi al 69,8%. Anche in questo caso, il dato è poco incoraggiante e sottolinea lo stato recessivo in cui si trova l’economia piemontese, che normalmente a pieno regime sfrutta la capacità degli impianti al 75%. Il saldo relativo all’occupazione avanza di 5,7 punti, passando da -17,5% a -11,8%; anche in questo caso si osserva un miglioramento, ma la situazione permane critica. Indicazioni analoghe si osservano dall’indicatore relativo alla cassa integrazione, che evidenzia come il numero di imprese che hanno intenzione di farvi ricorso rimanga molto elevato (il 30,7%). Ancora una volta ci troviamo a sottolineare l’importanza dell’export, capace di favorire le aziende che nel tempo sono riuscite a differenziare i propri mercati di sbocco e a non basarsi esclusivamente sul mercato interno, dove ad oggi la domanda è ferma. A conferma di ciò, segnaliamo come le aziende piemontesi che dichiarano di esportare meno del 10% del fatturato presentino un saldo sulla produzione in calo del -28,1%, mentre quelle che esportano più del 60% del fatturato si fermano al -3,2%.