Domani, sabato 22 giugno, ad Asti andrà in scena la street parade, una manifestazione organizzata dal coordinamento Asti Est e voluta per attirare l’attenzione su alcune tematiche sociali fra cui il diritto all’abitare. Si partirà alle 14.30 dalla zona della parrocchia di San Domenico Savio (corso Volta), per poi passare da corso Alessandria, piazza Primo Maggio, viale alla Vittoria e approdare davanti al vecchio ospedale, considerato uno dei simboli della lotta per il coordinamento che da sempre punta il dito contro gli stabili vuoti in città. “La street parade  è un modo un po’ frikkettone di interrogare la città sui mali che la affliggono.  Il desiderio di cambiare il mondo può ben essere espresso gioiosamente, e con più efficacia, fuori dai soffocanti ed estenuati riti novecenteschi, in piazza e nelle strade, come sta accadendo oggi in tutte le parti del pianeta globalizzato. Dunque non dovrà stupire qualche ammiccamento alle piazze della Turchia – spiega Carlo Sottile, coordinamento Asti Est -. Inoltre l’evento attraverserà il dibattito sul cosiddetto “blocco del mercato immobiliare”, fatto esplodere sulle pagine dei periodici cittadini dal partito del mattone, vale a dire dalla possidenza di vario genere, dalle corporazioni professionali e dagli assessori all’urbanistica che, scambiando a più non posso diritti edificatori e oneri di concessione, hanno azzerato, nel corso degli ultimi decenni, ogni ragionevole idea di sviluppo urbano o di ordinata programmazione delle funzione cittadine. La street parade avverte, quello è l’interlocutore sbagliato: perché è tra i  principali responsabili del disastro sociale, economico ed ambientale che abbiamo sotto gli occhi. Dalla esplosione degli sfratti, all’inquinamento da traffico e da rumore, dalla viabilità insostenibile, alle colate di cemento che hanno riempito la città di manufatti senza alcun valore d’uso. E in ultimo, responsabile del blocco di una parte di economia reale che avrebbe dovuto essere sottratta per tempo  alla finanziarizzazione. La strett parade accredita un altro interlocutore. La cittadinanza attiva nella difesa dei diritti costituzionali, i cittadini a cui è negato il diritto ad una casa, i lavoratori della conoscenza, gli artigiani, gli operai che affermano in questa situazione la necessità di una politica della casa popolare, di una urbanistica del recupero dei valori s’uso, di una vocazione mercantile non abbandonata ai suoi spiriti più animali, di un gusto del vivere civile e del paesaggio naturale. La street parade avverte, il peggio deve ancora avvenire. La bolla immobiliare, vale a dire l’intreccio tra speculazione immobiliare e profitti finanziari, l’intreccio perverso tra economia di carta e di mattone, non è ancora venuto compiutamente alla luce. Le proprietà delle società immobiliari e delle banche, gli edifici di lusso in costruzione, le società o enti di cartolarizzazione, dobbiamo pensarle nel circuito finanziario globalizzato e farne l’obiettivo di azioni fuori dall’ordinaria amministrazione. Questo chiede la street parade. Mettere in condizioni di non nuocere, requisire, espropriare, occupare la proprietà assenteista, vale a dire tutta quella proprietà che si è sottratta, soprattutto nell’ultimo trentennio, a qualunque funzione sociale, che si è resa estranea agli imperativi dell’articolo 41 della Costituzione. Riscoprire, nel senso di adeguare alla realtà del presente, tutto il valore costituente di quelle azioni. Questo attivismo è già presente in città; su tutti i temi dell’uso del territorio. La viabilità, la pedonalizzazione, la variante frazionale, la superstrada, i parchi. Sono molti i cittadini che provano a limitare il danno e a costruire una alternativa. La street parade ne è una espressione. Il movimento di lotta per il diritto all’abitare sta facendo la sua parte. Tre edifici sono occupati ed autogestiti, il loro valore d’uso è stato liberato da un valore di scambio ormai soffocante perché speculativo, perché globalizzato, perché costituito da una rendita urbana che è diventata la prosecuzione della finanza con altri mezzi. Tutto ciò nell’attesa che anche l’amministrazione comunale riscopra gli imperativi dell’articolo 41 della Costituzione. L’elenco degli edifici vuoti è da tempo sui suoi tavoli, alcuni di questi sono stati segnalati  più volte e in vario modo, persino dalla Prefettura. Il Ferrotel, gli edifici dismessi dall’asl, gli edifici occupati di strada Volta, gli edifici di via Bistolfi e di salita al Fortino, tutti quelli di proprietà delle banche e di possidenze varie, che presumibilmente saranno censiti nella inchiesta sul patrimonio immobiliare della città avviata dalla stessa amministrazione comunale. I progetti di social housing, di comodato d’uso, apprezzabili fin che si vuole, fanno parte dell’ordinaria amministrazione. Con questo statuto non intaccano minimamente il nodo dei problemi.   Destinati allo stato di progetti, come pare, solo occasioni di confronto e di dialogo, non servono a nulla se non che a procrastinare l’attesa che tutto torni come prima, che il partito del mattone riprenda la sua attività, che il mercato riprenda a tirare, che la ex mutua trovi un compratore, che il vecchio ospedale si trasformi finalmente in un albergo a 5 stelle per ricchi in viaggio turistico”.