Successo per l’inaugurazione della nuova edizione di Passepartout, la rassegna organizzata dalla Biblioteca Astense (direttore scientifico Alberto Sinigaglia), dedicata quest’anno al mondo dell’informazione. Il tema del festival infatti è “1954-2014: Sesto potere. Informazione, disinformazione, controinformazione nell’era digitale”. Ad aprire le danze ieri sera è stato Beppe Savergnini. Oggi, palazzo del Collegio, ospiterà tre eventi: alle 11, dibattito sulla televisione a cura di Gian Mario Ricciardi e Pietro Grignani; alle 18.30 Silvio Garattini si occuperà di “Comunicare la scienza”; alle 21 Marcello Veneziani darà il proprio contributo sul tema “Non tutto è come sembra. Silenzi e omertà nel villaggio di vetro”. —————– Il giornalismo come un corpo, con un’anatomia molto semplice: così il giornalista Beppe Svergnini ha proposto sabato scorso a Passepartout il proprio intervento  sul tema dell’informazione, strutturando una fisiologia della professione che, ha detto, “è la mia professione, quella che ho scelto e sceglierei ancora; chissà che non possa tornare utile a chi i giornali li legge, in qualsiasi forma, e domani vorrebbe magari pensarli, scriverli, metterli insieme e produrli”. Un giornale si presenta dunque come un sistema con propri organi e apparati costituiti da un tessuto logico – scrittura, immagini – a sua volta composto di cellule, che sono le notizie, e da un tessuto connettivo che è il ragionamento.  Insomma un discorso sui fenomeni naturali di un mestiere magnifico e preoccupato come il nostro. Nelle parole di Severgnini, il giornalismo si scopre metaforicamente dotato di un cervello, di un cuore, di occhi, di un fegato, di orecchi, naso, gola e quant’altro. I giornalisti possono essere indipendenti o attivisti, senza però l’obbligo di essere eroici ma con il vincolo del coraggio; devono essere intellettualmente onesti, ma non si può richiedere loro di essere obiettivi, perché l’obiettività non esiste. Devono fare i conti con l’innovazione, la lungimiranza e il realismo, perché oggi “il giornale non è più un oggetto di carta ma un servizio” e a questo proposito devono capire che è ora di fare qualcosa di utile, se non vogliono che il loro mestiere soccomba: “E’ avvenuto per il linotipista e per i negozi di videocassette, non sarebbe la fine del mondo. Bisogna proporre un nuovo sistema economico, capire cosa far pagare e perché, inventare nuovi modi per essere utili”. E non può mancare un decalogo a contrario: cosa fare per cadere così in basso da poter solo risalire. “Siate noiosi, infilate due o più che in una frase, fate sentire in inferiorità il lettore bombardandolo di citazioni, nauseatelo con metafore stantie, costringetelo all’apnea nascondendo la reggente dietro una siepe di subordinate e cambiate il soggetto per dispetto, usate dieci parole quando tre bastano, parole lunghe invece di parole brevi, usate inutili espressioni inglesi, usate espressioni come “in riferimento alla Sua del…, il latore della presente, in attesa di favorevole riscontro…”, considerate la punteggiatura una forma di acne: se non c’è, meglio”. Marianna Natale Foto di Franco Rabino