La morsa del caldo non accenna a mollare la presa e in tutta Italia si registrano temperature record con picchi prossimi ai 40° anche in Piemonte.  Alla canicola estiva si accompagna la siccità e la nostra regione risulta la più colpita tra quelle del nord Ovest, dove in molti alpeggi delle province di Cuneo e Torino sono già esaurite le risorse foraggere. Un nuovo allarme si preannuncia per l’autunno: “Le prime piogge potranno essere catastrofiche” assicurano gli esperti, e di questo avviso sono convinti anche dalla redazione di MeteoWeb (www.meteoweb.eu), uno dei portali più seguiti di meteorologia in Italia. Abbiamo quindi chiesto al direttore responsabile della testata online, Peppe Caridi, di spiegarci le anomalie termiche di questa stagione e di tracciare una previsione per i mesi a venire.

Caldo e afa accompagnano ormai fedelmente le nostre giornate. Per quando sono previste le prime infiltrazioni di aria fresca che porteranno piogge anche sul Piemonte?
Ci aspetta ancora qualche ora di caldo, ma già sabato ci sarà una prima lieve flessione delle temperature che poi crolleranno domenica. Proprio nel weekend si verificheranno forti temporali su tutto l’arco Alpino e in molte zone della pianura Padana, anche se i fenomeni più violenti si concentreranno al nord/est. In Piemonte, però, ci saranno i primi temporali già nella giornata di venerdì, soprattutto nelle zone alpine e preAlpine. Insomma, il gran caldo è ormai agli sgoccioli, anche se dopo qualche giorno decisamente più fresco, la prossima settimana torneranno le alte temperature. Ma, per fortuna, non saranno paragonabili a quelle di questi ultimi giorni.

In molti temono il replicarsi di fenomeni temporaleschi accompagnati da grandine e forti venti come in occasione del nubifragio del 21 giugno o la violenta grandinata del 5 agosto sul Nord Astigiano. Sono previsti nuovi fenomeni estremi sulle pianure piemontesi?
Fenomeni così  violenti sono tipici del periodo intermedio tra l’estate e l’autunno, proprio tra agosto e settembre, quando le prime masse d’aria fresca e umida determinano forti contrasti termici con il caldo presente al suolo, quindi non si può escludere che nelle prossime settimane se ne verifichino altri, già a partire dai prossimi giorni e dal weekend. Ma si tratta di fenomeni estremamente localizzati in porzioni relativamente piccole del territorio, e quindi difficili da prevedere. Oggi possiamo dire che c’è il rischio, ma è impossibile poterli prevedere con precisione se non con qualche ora di anticipo, monitorando in tempo reale l’evoluzione della situazione come su MeteoWeb facciamo ogni giorno, forti di una redazione qualificata proprio nel settore della meteorologia.

La torrida estate in corso è spesso paragonata a quella del 2003. Secondo lei qual è stata la più calda e quali fattori influenzano la sua scelta?
Su questi argomenti non esistono opinioni, anche se purtroppo assistiamo a una decadenza della qualità dell’informazione meteorologica con l’arrivo di figure particolari che si alzano la mattina, aprono un sito meteo e scrivono boiate assurde. Meteorologia e climatologia sono delle scienze fatte da numeri precisi. E i numeri non sono opinioni. Carte alla mano, grazie ai dati del Cnr e dell’Aeronautica Militare, quest’estate è stata la seconda più calda degli ultimi due secoli, di gran lunga meno calda rispetto a quella del 2003 che rimane davvero terribile, soprattutto per il Nord, con anomalie positive fino a 2°C superiori a quelle di quest’anno. Inoltre nel 2003 il gran caldo iniziò anche in primavera, da aprile/maggio, che invece quest’anno sono stati freschi e piovosi. Nessuno può dire il contrario, a meno che non voglia fare clamorose gaffe. Dopotutto, il caldo di quest’anno è stato comunque eccezionale, perché parliamo della seconda estate più calda di sempre da quando si misurano i dati meteo, cioè esattamente da 212 anni (a partire dal 1.800), a soli 9 anni di distanza da quella più calda in assoluto. Non abbiamo avuto, però, ondate di calore con picchi eccezionali. L’aspetto più significativo e problematico di quest’anno è stato il persistere con straordinaria costanza di temperature moderatamente elevate. Ma quasi tutti i record storici sono intoccabili e appartengono a varie stagioni più o meno recenti.

Prima Caligola, ora Lucifero e fra poche ore Beatrice. Cosa ne pensa della nuova tendenza di affibbiare un nome agli anticicloni tropicali, lanciata in Italia dal suo collega Antonio Sanò de ilmeteo.it? Crede che possa “umanizzare” la meteorologia o sminuirla?
Sanò  non ha fatto altro che riproporre anche in Italia un modo di vivere la meteorologia che, da sempre, è tipico del mondo anglosassone: nel Regno Unito, ma anche negli Usa, in Canada, in Australia, Nuova Zelanda e tanti altri Paesi con quella cultura, fortemente legata alle condizioni del tempo, da sempre si danno dei nomi alle perturbazioni e le si “umanizzano”. Ho sempre pensato che questo possa avvicinare la gente alla meteorologia, quindi è senza dubbio un elemento positivo. Però esistono enti ufficiali, e in Europa è il Centro Meteorologico Tedesco dell’Università di Berlino, che danno i nomi a ogni ciclone e anticiclone seguendo un preciso criterio scientifico. I vari “Caligola, Lucifero, Caronte” ecc. ecc. in realtà si chiamavano in un altro modo. E penso che sarebbe giusto che tutti si adeguassero a quei nomi ufficiali, per evitare confusioni.  

Da cosa è nata la sua passione per la meteorologia e cosa consiglia ai giovani che volessero avvicinarsi a questa scienza?
La passione per la meteorologia nasce da un grande amore nei confronti del mondo di ambiente e natura, dalla visione di un fantastico panorama innevato o dall’attrazione per fenomeni estremi come saette e trombe d’aria, che emozionano e danno adrenalina. Penso che questa passione sia innata, e poi nel corso degli anni si possa esprimere in vari aspetti. Sin da bambino amavo l’ambiente e la natura, a scuola la geografia è sempre stata la mia materia preferita. Solo intorno ai 13-14 anni ho capito che la mia vera passione era quella per la meteorologia, e ho iniziato ad approfondirla leggendo e studiando centinaia di testi. Questa scienza è bellissima e avvicina molto al mondo naturale che ci circonda, riuscendo a farci distaccare per un attimo dalla frenetica vita quotidiana di tutti i giorni e ad apprezzare le tante bellezze ambientali del nostro pianeta, tra cui quelle meteorologiche. E’ una passione anche rischiosa, perché poco comune e soprattutto da piccoli c’è il rischio che si venga presi in giro dagli amici perché si sta troppo tempo con la testa verso l’alto a guardare le nuvole. Ma con il passare del tempo, sarà l’esatto contrario e tutti ti cercano per sapere che tempo farà. Quindi se c’è davvero passione, non bisogna mai mollare e, magari, ci si può iscrivere in uno dei tanti corsi di laurea tematici dedicati alla meteorologia, oppure intraprendere la carriera aeronautica.

L’incidenza del “global warming” comincia a farsi sentire anche sulla nostra Penisola. Quali sono le vostre previsioni per l’autunno? Gli esperti hanno già lanciato un allarme per il rischio alluvioni e in Piemonte è ancora vivo il ricordo di quello avvenuto nel novembre 1994. C’è da preoccuparsi?
Ogni volta che c’è un’estate particolarmente calda, come quest’anno, si vengono a creare nel nostro Paese le condizioni per fenomeni estremi, basti pensare a quanto accaduto nell’autunno 2003. Non penso che questo dipenda dal global warming, in quanto gli eventi meteo estremi ci sono sempre stati e alcuni studi dicono che addirittura in passato erano più intensi e frequenti rispetto ai giorni nostri. Per quanto riguarda il prossimo autunno, siamo in pre-allerta ma per il momento non è possibile dire se e quando ci saranno le perturbazioni che rischiano di provocare eventi estremi. Le previsioni meteo possono avere una tendenza al massimo fino a 10-12 giorni, non oltre. Gli esperti hanno giustamente sottolineato che dopo tutto questo caldo, ai primi spifferi freschi potrebbero scatenarsi fenomeni catastrofici ma dobbiamo capire quando arriveranno le prime serie perturbazioni autunnali che al momento non si intravedono neanche per inizio settembre. Nei prossimi giorni, come già anticipato, avremo una breve rinfrescata con qualche temporale forse anche intenso, ma è verosimile che le perturbazioni più violente arrivino nel corso del trimestre autunnale, tra settembre e novembre. Passo passo potremo scoprirne l’evoluzione.

In materia di prevenzione, quanto è stato fatto e quanto resta ancora da fare per mettere in sicurezza il territorio italiano?
Beh, è un tasto dolente. E’ stato fatto davvero poco, e c’è moltissimo da fare. Ma mancano i fondi. In un momento di crisi internazionale, è difficile reperirli. Dopotutto rispetto a molte altre cose, mi sembra evidente che questo tema debba meritare una priorità assoluta, anche alla luce dei sempre più frequenti fenomeni estremi che hanno ripercussioni calamitose sul territorio e sulla popolazione. Oltre alle misure di prevenzione ambientale che tutti conosciamo, bisognerebbe anche attivare misure di prevenzione meteorologica con una serie di radar e reti di stazioni meteo che inviino dei dati in tempo reale a un pool di esperti che sia in grado di leggerli, analizzarli ed evidenziare le criticità in tempo utile per evitare i disastri. Proprio su questi sistemi, a partire dai radar meteo, in Italia siamo molto indietro a tantissimi altri Paesi, tra cui molti che versano in condizioni economiche e sociali ben peggiori della nostra, come ad esempio la vicina Spagna.  

La meteorologia non è una scienza certa e tutti compiono degli errori previsionali. Ci ricorda qual è stato il suo più imbarazzante?Una volta il sindaco della mia città, nel giorno della festa patronale e della Notte Bianca, preoccupato dall’arrivo di minacciosi nuvoloni carichi di pioggia, mi chiedeva delucidazioni sull’evoluzione meteorologica della serata in cui erano previste numerose manifestazioni come fuochi d’artificio, concerti ecc. ecc. Lo tranquillizzai, ma fu un grosso rischio: nel corso del pomeriggio una pioggia torrenziale colpì la città allagando le strade e preoccupando la popolazione ma per fortuna pochi minuti prima dell’inizio della processione il cielo si schiarì. Per un pelo. Invece la cosa più imbarazzante m’è successa poche settimane fa: mi trovavo in una località a meno di 3 km dal centro storico, e vedevo qualche bagliore (saette) in lontananza ma sulla mia testa non pioveva, anzi vedevo le stelle. Mai potevo pensare quello che stava succedendo in città: un amico mi chiedeva “quando finisce questa tempesta?” e pensando si riferisse ai tuoni e ai fulmini, dopo pochi minuti gli risposi “è già passata”. Poco dopo, tornato in città, trovo strade trasformate in fiumi in piena e oltre 30mm di pioggia caduti nei minuti precedenti. Un episodio che fa riflettere su quanto siano localizzati gli eventi meteo estremi.

Il Piemonte è per definizione un’area a bassa pericolosità sismica ma in tanti hanno sollevato dei dubbi sull’attendibilità delle carte dopo il terremoto dell’Emilia. Qual è la situazione geologica dell’Italia e in particolare della nostra regione?
Le carte sono attendibili in base ai dati attualmente a disposizione e alle conoscenze tecnologiche; l’Ingv è una delle più grandi eccellenze mondiali in materia di terremoti. La mappa è stata aggiornata di recente e la sua ultima emissione inglobava anche l’Emilia Romagna tra le Regioni a rischio, vista la sua sismicità storica. Il Piemonte è una zona ad ancor più bassa pericolosità sismica, ma ciò non significa che non possono verificarsi scosse di terremoto, come quella del 25 luglio 2011.  Nella storia, si ricorda l’evento del 2 aprile 1808, di magnitudo 5,6 Richter nella Val Pellice. La sismicità del Piemonte è “modesta”: nella classificazione della pericolosità sismica, rientra nella zona 3. La zona è molto complessa dal punto di vista geologico: si trova alle pendici delle Alpi e risente quindi del movimento della zolla africana che spinge verso quella eurasiatica, ma bisogna considerare anche la vicinanza degli Appennini. Costruire bene non costa nulla, e basta seguire le norme per non avere alcuna conseguenza dalle scosse che possono verificarsi in una zona come quella piemontese, basti pensare che in altri Paesi come in Giappone, anche scosse superiori alla magnitudo 7,5 non fanno altro che il solletico! Anche in questo, bisognerebbe lavorare molto di più sulla prevenzione…

Sarà  possibile prevedere i terremoti in futuro? Cosa ne pensa del modello sviluppato dalla fondazione Giuliani, che sfrutta le variazioni del radon nel sottosuolo come precursore sismico? Secondo lei ha una certa attendibilità scientifica?
Sono convinto che un giorno la scienza riuscirà a prevedere i terremoti, ma non posso sapere quando sarà in grado di farlo. Dovrà ancora sviluppare conoscenze e tecnologie che sono in grado di fare scoperte rivoluzionarie, perché in base agli studi oggi disponibili, siamo sì in grado di sapere quali sono le zone a rischio in base alla loro sismicità storica, ma non possiamo sapere quando si verificheranno i nuovi terremoti. Nelle zone ad alto rischio, è sicuro che prima o poi si ripetano eventi come quelli del passato, ma non si può sapere quando. Sul radon ci sono tanti studi contrastanti: molti terremoti non sono stati preceduti da emissioni di questo gas, mentre in altre occasioni forti emissioni non hanno poi avuto un seguito sismico. La scienza studia il rapporto tra il Radon e i terremoti ormai da quattro decenni ma non è ancora riuscita a trovare un collegamento diretto.  
Fabio Ruffinengo