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Cresce il fronte d’opposizione al progetto di centrale idroelettrica sul fiume Tanaro.

Il Comitato cittadini Tanaro Borbore, guidato da Luciano Montanella (residente dell’area fluviale e pescatore esperto), si è riunito – venerdì scorso – in assemblea nel salone parrocchiale della chiesa Annunziata di Tanaro per discutere con i nuovi e vecchi scritti (ormai oltre 50) sullo stato dell’arte del discusso progetto presentato dalla Val.pel e che ha già ricevuto il via libera da parte della Provincia. Innanzitutto una data: il 10 febbraio dovrebbe essere convocato il Consiglio Comunale aperto, richiesto nel dicembre scorso dal Comitato, durante il quale verranno spiegate tutte le ragioni del “No” all’attuale progetto.

Occhi puntati, poi, sui risultati del rilievo plano altimetrico (in arrivo tra pochi giorni) commissionato dallo stesso Comitato ad un professionista del settore, per approfondire meglio il nodo del rigurgito e degli scolmatori del depuratore in caso di piena del Tanaro: dai primi dati disponibili pare chiaro che il Borbore sarà intercettato dalla centrale mentre resta ancora incerto l’interessamento dello scolmatore di sinistra sul Tanaro.

Importante è capire, oggi, quale sia la reale portata dei due fiumi: dopo gli importanti lavori di messa in sicurezza successivi al devastante alluvione del novembre ’94, la progressiva sedimentazione dei detriti rappresenta un problema in termini di sicurezza.

Spiega Montanella: “Stando ai sopralluoghi che abbiamo fatto in questi giorni, il Borbore è già in una situazione molto precaria: siamo convinti che non abbia più la portata di 850 mq al secondo (sotto la quale non c’erano problemi per Asti) rilevata dopo i lavori eseguiti nel 1994. Figuriamoci ora con una centrale, che va ad intercettare il torrente e crea impercettibili ma continue sedimentazioni; prima o dopo genererà un problema. Chiederemo inoltre ad AIPO se ritiene che vi siano le stesse condizioni di tutela per quanto riguarda il Tanaro in città”.

Sicurezza, quindi, ma anche problemi igienico sanitari per gli scolmatori, sui quali Montanella punta il dito: “Nell’aprile 2010, la Provincia aveva chiesto uno studio alla Val.pel sull’argomento. Nello stesso studio si legge che lo sbarramento della centrale compromette la funzionalità idraulica dello scolmatore fognario. Stranamente questo fatto è stato sottaciuto ed è venuto fuori solo una volta che il Comitato è entrato in possesso degli atti”.

Altra questione è quella del rigurgito: “La Val.pel ha dichiarato un rigurgito di 1800 metri ma, dopo approfondimenti commissionati dalla stessa ditta, è passato a 1300. Nella “387” (determina di autorizzazione a costruire) del novembre 2013, infine, si dice che il rigurgito è di 1100 metri. Se è stata fatta una modifica, va spiegata. Resta il fatto che, secondo noi, il progetto Sif, più piccolo, non creava nessun tipo di problema e rendeva tranquilli tutti”.

Perplessità che si scontrano con un dato di fatto: l’autorizzazione a costruire è già stata concessa e sono scaduti i termini per il ricorso (60 giorni). Il Comitato, tuttavia, continuerà a dar battaglia: “Ci troviamo oggi con un impianto che è stato autorizzato ma per il quale manca un rilievo plano altimetrico depositato in Tribunale che conforti noi, e la Provincia, su quali sono i rigurgiti e la simulazione delle portate del fiume”.

Sempre il Comitato aveva posto sul tavolo una questione molto delicata, quella dello scarico del depuratore a valle: “Anche se ora funziona bene (nel 2009 non era ancora completo), la barriera creata dal gommone comporterà una mancata diminuzione allo scarico del depuratore. Questo problema non è stato affrontato. La novità assoluta è che ora la Provincia, dopo 4 anni, ha commissionato uno studio plano altimetrico, è una cosa sconcertante”.

La risultante è che se dapprima non esisteva uno studio in merito ora ve ne saranno addirittura due, il che definisce la grande confusione che ancora regna sul progetto.

Montanella non dimentica, poi, il massiccio piano edilizio messo in atto sulle rive del Borbore: sempre più palazzine sono sorte nei pressi del Palazzetto dello Sport e del Cimitero nel corso degli ultimi anni, aree possibilmente a rischio in caso di esondazione del torrente.

Fra quanto tempo Asti potrebbe avere la “sua” centrale: 2 anni, è questa la stima fornita sempre da Montanella, che indica il possibile inizio dei lavori nella stagione estiva, in concomitanza con le secche del Tanaro.

Centrale o meno, al fiume servirebbero interventi mirati: “Nell’alveo ci sono ormai troppi isolotti, dalla zona del parco Lungotanaro fino a valle. Molti dicono che non si devono toccare le piante: è vero, non vanno toccate quelle sugli argini perché bloccano gli inquinanti e rafforzano il terreno, ma nel letto del fiume non è necessario che siano lasciate. Pensate che i cittadini delle Trincere, che sono molti attenti alla sicurezza, si pagheranno di tasca propria un intervento tra il ponte della ferrovia Asti-Acqui a monte, per bonificare le piante sull’isola che esiste in quella zona. Un altro investimento che si dovrebbe pensare – conclude Montanella – è quello delle casse di espansione, senza rovinare l’agricoltura.  Quando si deve “salvare” la città si abbassa il gommone e si acconsente all’acqua di entrare in questi spazi. Bisognerebbe installarle per tutta l’asta del Tanaro ma servono risorse”.

Fabio Ruffinengo