Quattromila famiglie di viticoltori, diecimila ettari di superficie, cento milioni di bottiglie: sono solo alcuni numeri della Docg Asti e Moscato d’Asti, protagonista nell’ultimo periodo di una serie di iniziative focalizzate in particolare sul mondo del Moscato d’Asti Docg.

Archiviata con grande successo l’operazione “Facce da Moscato”, con i produttori protagonisti di una due giorni torinese – inaugurata dalla conferenza stampa di presentazione nella splendida cornice di Palazzo Madama – in cui è stata rinsaldata la naturale alleanza con coloro che per tradizione si occupano di dolcezza e ospitalità, 18 tra i più prestigiosi caffè e pasticcerie storici del centro della capitale sabauda, il mondo del Moscato d’Asti traccia un bilancio sugli incontri che lo hanno visto protagonista in questo inizio di dicembre.

Di notevole interesse, in particolar modo, è stato l’incontro per addetti ai lavori organizzato lo scorso venerdì 2 dicembre presso la sede storica del Consorzio dell’Asti Docg, in piazza Roma ad Asti: moderati dal giornalista Sergio Miravalle, quattro esperti americani – i giornalisti Joshua Greene (editore della prestigiosa rivista Wine & Spirits), Anthony Giglio (curatore della guida dei vini della rivista Food&Wine e collaboratore di numerose testate statunitensi, fra le quali La Cucina Italiana), Kerin O’Keefe (corrispondente per le riviste Decanter e The World of Fine Wines) ed il blogger/enotecaro Gregory Dal Piaz (www.snooth.com) – hanno illustrato la situazione del mercato statunitense, discutendo delle prospettive e delle criticità del Moscato d’Asti Docg con una platea nutrita e competente.

Al saluto del presidente del Consorzio, Paolo Ricagno, ha fatto seguito la relazione del direttore Giorgio Bosticco, che ha offerto una dettagliata panoramica analizzando il mercato della denominazione Asti e Moscato d’Asti.

La prima considerazione ha riguardato i consumi mondiali di bottiglie di bollicine, che – sommando dolce e secco – superano i 2 miliardi di unità l’anno. L’Italia è in testa alla classifica dei Paesi produttori, con oltre 400milioni di bottiglie prodotte, seguita dai 370milioni della Francia e i 300milioni di Russia e Germania. Il primato dell’Asti diventa evidente andando a segmentare il dato prendendo in considerazione la produzione di dolce: dei 150milioni di bottiglie prodotte in Italia, l’Asti Docg vale 75milioni di unità, cui vanno a sommarsi i 25milioni di Moscato d’Asti Docg: «L’Italia può e deve candidarsi con autorevolezza a guidare il mercato delle bollicine dolci», ha affermato il direttore Giorgio Bosticco. Impressionante, negli anni, la crescita fatta registrare dal Moscato d’Asti, passato da 10milioni di bottiglie nel 2008 ai 20milioni del 2010, arrivando ai già citati 25milioni di quest’anno. Il dato sul trend diventa ancora più significativo se circoscritto al mercato americano, che da solo assorbe il 50% delle vendite mondiali di Moscato d’Asti Docg: appena cinque anni fa negli USA si vendevano 2milioni di bottiglie, contro gli oltre 10milioni di quest’anno.

A onor del vero, oltreoceano è in atto un vero e proprio boom della “Moscatomania”, con l’esplosione dei consumi del Moscato che ha trainato quelli del Moscato d’Asti Docg, e non viceversa, come sottolineato da Joshua Greene. Lo testimoniano anche i dati di vendita contenuti nella ricerca Nielsen commentata dal direttore Giorgio Bosticco: nella grande distribuzione (con l’esclusione della catena Walmart), i numeri relativi alla vendita al 16 ottobre 2011 parlano di 21.580.000 bottiglie di Moscato prodotto in America (+76% rispetto all’anno precedente), contro i 3.225.000 di Moscato d’Asti Docg (+46%) e i 1.120.000 di altro Moscato italiano (+108%). Da record la crescita del Moscato australiano, che con le sue 1.870.000 bottiglie ha fatto registrare un incremento del 641%.

Ampliando il discorso ai prezzi di vendita, va segnalato il fatto che il Moscato d’Asti Docg si vende mediamente da 12 a 15 dollari alla bottiglia da 0.75 litri, contro i 7,80 dollari degli altri Moscato italiani, e da 5 a 7,50 euro dei Moscato prodotti in America e gli 8 dollari di quelli australiani. L’interesse della platea si è acceso particolarmente discutendo di quest’argomento, arrivando alla sintesi finale che il prezzo di vendita non dovrebbe scendere sotto i 12 dollari a bottiglia (anche se negli USA, come ricordato da Joshua Greene, non esistono soglie minime di prezzo, quanto piuttosto soglie minime di qualità, con il mercato che si autoregolamenta), così come non dovrebbe superare i 18 dollari a bottiglia (così da poter garantire il resto da una banconota da 20 dollari, concetto “psicologico” spiegato da Gregory Dal Piaz).

Numeri a parte, tornando al perché del diffondersi della “Moscatomania”, tutti concordano nell’indicare come una delle cause la fortunata hit del rapper Kanye West, che ha parlato di Moscato d’Asti nel remix di “Make her feel good”. Da quel momento l’ascesa di questo vino aromatico non ha conosciuto battute d’arresto, trainata in particolar modo dall’apprezzamento di afroamericani e millennium (termine con cui, negli USA, ci si riferisce ai giovani di età compresa tra i 21 e i 30 anni).

Un altro dato interessante riguarda il sesso di chi sceglie di acquistare Moscato d’Asti Docg. Secondo i dati diffusi da Joshua Greene, sono soprattutto le donne: se non ci sono rappresentanti del gentil sesso in casa, i dati sull’acquisto sono negativi.

Il dibattito si è quindi allargato alle strategie future, offrendo stimolanti spunti di riflessione.

Un primo elemento di cui tenere conto è la differenza di gusto fra consumatori americani e consumatori italiani: pareri contrastanti in sala, anche se prevale la linea secondo cui sarebbe opportuno “educare” il palato dei “bevitori” americani, trasformandoli in “wine lovers”, secondo le definizioni fornite da Gregory Dal Piaz. Se in Italia la cultura riguardante gli abbinamenti enogastronomici è ormai diffusa, altrettanto non può dirsi per gli USA, dove difficilmente il consumatore medio accetta di essere consigliato sugli accostamenti.

Tutti d’accordo, invece, sull’importanza del concetto di “naturalmente dolce”, rimarcato da Kerin O’Keefe: un grande punto di forza del Moscato d’Asti Docg risiede nel fatto che è privo di zuccheri aggiunti.

L’ultimo spunto, lanciato da Anthony Giglio e ripreso da Joshua Greene, riguarda infine il territorio di origine del Moscato d’Asti Docg, che andrebbe raccontato ai consumatori americani perché percepiscano le grandi differenze con il Moscato americano: una possibile soluzione potrebbe essere quella di esprimere il territorio a partire dalle etichette, mostrando la bellezza delle colline italiane, così diverse dalle zone di produzione del Moscato prodotto in America.