I raccoglitori di ferro astigiani questa mattina, sabato 16 marzo, sono scesi nuovamente in piazza per chiedere alle autorità licenze “semplificate” per poter lavorare. Già qualche settimana i ferraioli ma anche i demolitori che da loro comprano il materiale avevano manifestato chiedendo aiuto a prefetto e sindaco. Oggi Pierluigi Faloni e Fabrizio Brignolo hanno nuovamente ricevuto una delegazione di manifestanti per discutere il problema e cercare una soluzione. La questione però ha assunto i toni di un dibattito sociale. “Purtroppo i legislatori hanno legiferato in materia di tutela ambientale (Decreto Ronchi 1997, Testo Unico del 2006) ignorando il fatto che su tutto il territorio nazionale era presente un soggetto sociale che, nelle forme del commercio ambulante, trattava una particolare categoria di rifiuti: i materiali ferrosi. Un soggetto sociale non inventato, tradizionalmente presente nel tessuto popolare del Paese, che poteva essere inserito, da protagonista, nella filiera delle buone azioni di tutela ambientale – scrivono dal Coordinamento Asti Est – .Ne è stato invece esplicitamente escluso con il citatissimo, soprattutto nei tribunali, comma 5 dell’art.266 del Testo Unico: 5. Le disposizioni di cui agli articoli 189, 190, 193 e 212 non si applicano alle attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio. Quella esclusione esplicita, accompagnata però dalla intenzione di funzionari di polizia ed enti pubblici di considerare il “ferraiolo” un gestore ambientale, ha dato luogo a centinaia di conflitti in cui i “ferraioli” hanno opposto, giustamente, la loro impossibilità a sostenere obblighi ed oneri da grande impresa (tenuta del registro di carico e scarico; documento accompagnatorio durante il trasporto ( F.I.R.) ; dichiarazione annuale M.U.D. ; iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali). Si deve concludere, amaramente, che in questo modo i “ferraioli” sono stati messi “fuori legge”. Con queste premesse, paradossalmente, sono stati proprio i giudici a tentare una difesa della “categoria”, come risulta chiaramente dalla più recente giurisprudenza. Cassazione penale sez. III 14 giugno 2005 n. 33310 L’attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi, effettuata da soggetti abilitati allo svolgimento dell’attività in forma ambulante, non prevede l’iscrizione all’albo nazionale dei gestori dei rifiuti, con conseguente esclusione della configurabilità del reato di cui all’art. 51 d.lg. 5 febbraio 1997 n. 22. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto sufficiente la produzione del certificato di iscrizione nel registro degli esercenti mestieri ambulanti per l’esercizio della raccolta di rottami ferrosi). Cassazione penale sez. III del 5 luglio 2006 n. 28366 “L’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti in forma ambulante, effettuata previo conseguimento del titolo abilitativo attraverso l’iscrizione presso la camera di commercio ed i successivi adempimenti amministrativi, è sottratta alla disciplina di cui al d.lg. n. 22 del 1997, configurandosi il reato di gestione di rifiuti non autorizzata in difetto di tale abilitazione.” Cassazione penale sez. III0 del 7 Aprile 2009 n. 20249. “L’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante, non integra il reato di gestione non autorizzata dei rifiuti, a condizione, da un lato, che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l’esercizio di attività commerciale in forma ambulante e, dall’altro, che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio. (Annulla senza rinvio, Trib. Latina, sez. dist Terracina, 3 Ottobre 2008)” I tentativi di uscire da questa contraddittoria situazione hanno seguito due strade: l’inserimento dei “ferraioli” nella filiera delle attività di tutela ambientale, regolate dal Decreto Ronchi e dal Testo Unico; la conferma dei “ferraioli” nel loro tradizionale ruolo di piccola impresa dedita al commercio ambulante di materiali ferrosi. Tutti i tentativi hanno dato finora esiti incerti, provvisori o negativi. Sia le Cooperative che la piccola impresa commerciale, sono state impiccate al chiodo della “tracciabilità dei rifiuti”, una tracciabilità che per ovvie ragioni i “ferraioli” non sono in grado di garantire. Il fallimento è da attribuire alla ostinazione con cui enti pubblici e funzionari hanno respinto l’idea che i “ferraioli” fossero un soggetto sociale e che la ricerca di soluzioni del problema dovessero muovere dal riconoscimento di tale soggetto. Da chi può venire tale riconoscimento ? In primo luogo dall’ente locale più prossimo, vale a dire il Comune. La strada da percorrere è quella adombrata nelle sentenze della Cassazione di cui si è detto, dove i ferraioli appaiono in carne ed ossa, nello spessore personale e storico della loro presenza e del loro operare, oltre che destinatari delle sentenze. Si tratta dunque di confermarne il tradizionale ruolo di piccola impresa dedita al commercio ambulante di materiali ferrosi e di rendere questo ruolo compatibile con le regole del Decreto Ronchi e del Testo Unico; provvisoriamente in attesa della più volte annunciata revisione della legislazione nazionale; Si tratta in second’ordine di verificare una ipotesi di cooperativa, presso ConfCooperative; cooperativa di soci lavoratori da immettere nella filiera dei Gestori Ambientali, di cui al Decreto Ronchi e dal Testo Unico. Non è una missione impossibile. E’ necessario tralasciare ogni approccio burocratico e inquisitorio, prendere atto del conseguente aggravamento del problema (adesso anche i centri di conferimento hanno chiuso le porte ai ferraioli), considerare che i veri dilemmi, al limite del dramma, sono quelli vissuti da centinaia di famiglie private di ogni fonte di reddito”.