Indipendenza alle frazioni? E’ una provocazione, come riconoscono Davide Arri e Mario Sorba che hanno lanciato l’idea, ma non manca di solide ragioni.
Nessuno può negare che le ventine astigiane sono di fatto abbandonate a se stesse, con infrastrutture obsolete o del tutto assenti, scarsa promozione del territorio, poca attenzione alle dinamiche sociali.
Al danno si aggiunge la beffa dei comuni confinanti, questi sì autonomi, che rifanno strade, reti fognarie, passaggi pedonali, difendono le scuole dagli attacchi della Gelmini grazie alle comunità collinari, pianificano azioni di valorizzazione del territorio. Tutte cose che alle frazioni, parte integrante del comune capoluogo (specialmente quando si vota!) sono negate.
Non è una colpa particolare dell’amministrazione Galvagno, i suoi predecessori non hanno fatto molto di più, anche se non va dimenticata la lodevole iniziativa dell’ex assessore al decentramento Giovanni Pensabene, che valorizzò con la De.Co. le  pesche limonine di Variglie.
Semmai è proprio il sistema delle circoscrizioni che si dimostra fuori contesto, non più adatto ai momenti di ristrettezze economiche che stiamo vivendo. Non credo però che abolirle per legge sia il modo migliore per risolvere il problema. Certo farà risparmiare qualcosa, ma se si vuole veramente tagliare, altri sono gli enti che andrebbero giubilati (leggi le province).
Il modo di gestire la politica amministrativa ha poi fatto il resto, contribuendo ad isolare le frazioni. Tramontata l’epoca della vecchia Dc, per cui la capillarità della presenza territoriale era irrinunciabile,  è anche scomparsa la figura del “ventiniere”, referente del partito nelle frazioni, pronto però ad usare il peso dei voti frazionali per ottenere più vantaggi possibili alla propria comunità.
Resta solo l’indipendenza dunque? Non sarebbe certo scandaloso, le frazioni astigiane raccolgono almeno quindicimila abitanti, anche prese singolarmente sono più popolose di gran parte dei paesi della provincia. Sognare non costa nulla!
Massimiliano Bianco