Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco (Confucio). La saggezza del legislatore ha riportato in vita questa verità antica.
Infatti “il Giudice può applicare la pena del lavoro di pubblica utilità, consistente nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato” (art. 54 DLgs 274/2000). A giovarsene, secondo la legge n° 120 del 2010 “Modifiche al Codice della strada”, sono coloro che sono incorsi in una pena detentiva e pecuniaria comminata per i reati in stato di ebbrezza e sotto gli effetti di sostanze stupefacenti.
La Giunta comunale ha deliberato, DGC 22 del 23.01.2018, il rinnovo della convenzione con il Ministero della Giustizia “e su delega con il Presidente del Tribunale” che regola in otto articoli l’applicazione e lo svolgimento del “lavoro di pubblica utilità e messa alla prova”.
Su istanza dell’avvocato il giudice valuta la preventiva disponibilità ed emana un provvedimento in cui si stipula un accordo-progetto, individualizzato da svolgersi nei modi, tempi e condizioni che saranno indicate.
Sarà un lavoro non retribuito, a favore della collettività, svolto in attività tecnico manutentive del Settore Lavori pubblici, della viabilità urbana ed extraurbana, del suolo e delle aree verdi, di manutenzione e sistemazione archivi, di trasporto materiali, di registrazione dati e battitura testi, di pulizia, di facchinaggio e tinteggiatura, di gestione musei e manifestazioni culturali.
Potranno essere ammessi ogni anno al regime di lavori di pubblica utilità quindici persone. E sono circa 50 coloro che dal 2015 hanno usufruito di questa alternativa alla pena, che “fa-capire” più di tante parole.
“Sono infatti reati – dichiara il sindaco Maurizio Rasero –  che rivelano una certa gravità e purtroppo in crescita. Sono convinto occorra però offrire una possibilità riparatoria al danno morale e pubblico che ogni infrazione porta con sé”.