SONY DSCIn corso Palestro, al servizio automezzi comunali di viale Pilone, all’ingresso del Comando dei vigili urbani o nel parcheggio dell’ex caserma Colli di Felizzano, dove si mostra con numerosi esemplari: l’ailanto è tra noi. Sulla capacità della pianta di origini cinesi di espandersi nei nostri territori urbani e boschivi, fino a mettere in pericolo la sopravvivenza della vegetazione locale, si è discusso ieri al seminario organizzato dall’Associazione culturale Comunica all’Istituto Agrario Penna: un centinaio i ragazzi che vi hanno assistito (le tre seconde con la 4A), insieme a tecnici Arpa e Coldiretti, agronomi, proprietari di giardini e boschi. C’era anche Felice Musto, presidente dell’Ente di Gestione Aree Protette Astigiane, dove la presenza dell’ailanto non pare per ora destare grossi problemi. Ad Asti, come ha confermato Elena Berta (Aree Verdi del Comune), la situazione più preoccupante è all’ex caserma, dove si interverrà presto per abbattere uno dei due grandi esemplari portaseme che si vedono da corso Alfieri. Operare correttamente nel contenimento della pianta è fondamentale per evitare la sua diffusione incontrollata. Lo ha sottolineato Eliana Spriano del Fai di Alessandria: la fortezza settecentesca della Cittadella è ormai invasa (dai tetti al suolo) da quando il Comune fece tagliare 22 piante, in un anno diventate ben 722. Anche per questo il vicesindaco di Isola d’Asti, Alberto Carlo Botto, guarda ai consigli degli esperti per risanare il cimitero di Isola Villa: dopo essere cresciuto nel perimetro esterno, l’ailanto sta penetrando con le radici tra le lapidi e le tombe. Buoni risultati nel contrasto a questa specie sono stati ottenuti dal Circolo Sant’Anna di Rocca d’Arazzo: Silvano Roggero ha spiegato il semplice metodo dell’endoterapia, che fa morire la pianta in piedi, mentre Oscar Pastrone ha proposto un sistema per il monitoraggio delle infestazioni attraverso la tecnologia satellitare (gratuita e ormai a portata di mano su computer, tablet, smartphone). Francesco Vidotto, docente di Agraria all’Università di Torino, ha allargato il ventaglio dei metodi di lotta (meccanico, fisico, chimico) e Matteo Massara (Assessorato Ambiente della Regione) ha esposto l’attività del Gruppo di lavoro sulle specie esotiche che ha portato a comporre tre distinte black list (liste nere): la prima composta da piante invasive ormai diffuse, per cui è necessario prevedere piani di manutenzione del territorio, la seconda che prevede l’eradicazione degli esemplari riprodotti in misura limitata, la terza che punta a prevenire la presenza di specie censite per ora in aree confinanti con il Piemonte. Nella nostra regione, ha segnalato l’esperta Daniela Bouvet, sono presenti 371 specie esotiche su 3521 complessive, con un’incidenza del 10,5%. Chi vuol saperne di più può acquistare il libro “Piante esotiche invasive in Piemonte” da poco realizzato da Regione, Museo regionale di Scienze Naturali e Ipla: ci sono anche approfondite descrizioni sull’ailanto, pericoloso per la vegetazione locale poiché si moltiplica facilmente e perché le sue radici emettono sostanze velenose nel terreno.