L’assessore regionale alla Sanità, Paolo Monferino, ha illustrato e discusso ieri pomeriggio, con un’ampia rappresentanza di dirigenti e operatori dell’Asl AT, il nuovo piano socio-sanitario piemontese. L’incontro, durato due ore e mezza, è stato ospitato nella Sala Congressi dell’Azienda e ha registrato domande e osservazioni, tra gli altri, del direttore sanitario del Massaia, Roberto Gerbi, primari e altre figure ospedaliere, rappresentanti sindacali dei medici e dei lavoratori dipendenti, dirigenti della prevenzione, medici di famiglia.

Ad accogliere Monferino, il direttore generale Valter Galante con Massimo Uberti e Massimo Corona (rispettivamente direttore sanitario e amministrativo dell’Asl). Ha partecipato Mario Pasino,  presidente della Federazione sanitaria del Piemonte Sud Est. 

L’assessore regionale ha ribadito che l’obiettivo del piano è “mantenere l’ottimo livello di qualità dei servizi, rendendo nel tempo più efficiente e sostenibile il nostro sistema sanitario. Quest’ultimo, dato il contesto finanziario in cui stiamo operando, rischia però di implodere se non apporteremo subito cambiamenti significativi: la situazione è davvero critica”.

Dati alla mano, Monferino ha spiegato che l’indebitamento della Regione verso le Aziende sanitarie ha toccato, a fine 2011, i 2.700 milioni di euro e che, a loro volta, le Asl registrano un debito verso i fornitori e le banche, erogatrici di prestiti per sopperire alla mancanza di liquidità, di 4.200 milioni (erano 2.500 milioni nel 2005).

“Oggi – ha aggiunto l’assessore – la situazione finanziaria complessiva della Regione indica un debito reale di almeno una decina di miliardi. Come si vede il quadro è molto problematico. Nel settore sanitario, dopo 8 anni di aumenti significativi, siamo riusciti a ottenere una prima riduzione dei costi: abbiamo chiuso il 2011, operando nel rispetto del piano di rientro, con 8.597 milioni, con una spesa inferiore rispetto al 2010, di circa 100 milioni,”.

Per invertire la rotta la Regione punterà sulla revisione della rete ospedaliera (eliminando i doppioni e andando a potenziare le prestazioni sul territorio) e sulla centralizzazione dei servizi, competenza attribuita alle Federazioni che si occuperanno, tra l’altro, di acquisti, magazzini, logistica. Le Aziende sanitarie continueranno a erogare i servizi ospedalieri e territoriali secondo una programmazione che dovrà essere validata da un apposito ufficio regionale in via di costituzione. “Negli ospedali da riconvertire – ha spiegato Monferino – punteremo a dare risposta all’aumento delle cronicità che toccano soprattutto gli anziani, come il morbo di Alzheimer e la demenza senile”.

Nel territorio della Federazione Sud Est, che comprende Asti e Alessandria, la Regione indica come ospedale da riconvertire quello di Valenza. Sono ospedali di riferimento (i più “alti in grado” nella gerarchia di sistema) i presidi di Alessandria SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo e l’Infantile, mentre il Cardinal Massaia, potendo garantire servizi come Rianimazione, Terapia Intensiva e DEA di primo livello, è ospedale cardine con Acqui Terme, Casale Monferrato, Novi e Tortona. Sono invece considerati “di territorio” gli ospedali Valle Belbo di Nizza Monferrato e di Ovada: “Queste strutture, in particolare, dimensionate per un bacino di utenza inferiore a 150 mila abitanti – ha spiegato Monferino – saranno chiamate a dare risposta all’80% del fabbisogno sanitario espresso dalla popolazione. Per le richieste di alta specialità si dovrà guardare agli ospedali cardine e di riferimento”.

Con la centralizzazione dei servizi, la razionalizzazione della rete ospedaliera e la riduzione di personale (attraverso il pensionamento degli addetti), la Regione punta a un risparmio complessivo di 390 milioni di euro.

“Questa riforma sanitaria – la sottolineatura di Monferino – si fa con l’aiuto di tutti, abbiamo bisogno del dialogo continuo con gli operatori e i rappresentanti sindacali: sono convinto che con la comprensione e la ragionevolezza troveremo insieme, in ogni territorio, le soluzioni migliori”.