C’è chi ha domande e c’è chi ha risposte. Chi progredisce chiedendo e chi cerca evidenze e certezze per quietare i propri dubbi. Nel sistema complesso di una città che si interroga – a cavallo di estrazioni sociali, generazioni, professioni, credo religiosi – il Cortile dei Dubbiosi accompagna quest’anno in modo inedito il cammino verso l’evento culminante del 30 aprile. Giunta alla sua quarta edizione, l’iniziativa di invito al dialogo che il Progetto culturale della diocesi di Asti apre alla città per favorire partecipazione e libertà di confronto, stimola infatti un dialogo crossmediale sulle pagine del giornale diocesano Gazzetta d’Asti, quelle del sito internet del settimanale gazzettadasti.it e le pagine ufficiali dei social network (hashtag #CortileDeiDubbiosi) Diversi strumenti per dare a giovani, adulti, laici, religiosi, studenti, lavoratori, pensionati le stesse possibilità di discussione sui grandi temi dell’attualità. Melita Rabbione per Identità scrive: “Di fronte al problema epocale dei migranti di diversa condizione e provenienza, non   è accettabile che ciascun Paese dei 28 componenti UE si gestisca a discrezione,   secondo orientamenti e umori di ciascun governo. C’è chi chiude le frontiere, chi   nega gli accessi indistinti, chi reintroduce i controlli, chi fa erigere muri o chilometri   di cortine di filo spinato (tristemente evocative), chi “imprigiona” sugli scogli, alle   stazioni d’imbarco o nel tunnel sotto la Manica sciami di profughi.  “Salvare Schengen”, una delle pietre miliari dell’UE è “un dovere collettivo”   ammonisce Juncker, presidente della Commissione europea. Anche la Merkel ha   rilevato che è in pericolo il sistema Schengen, più volte rimesso in discussione nel   corso del 2015 da alcuni Stati membri e, per le sue scelte, le recenti elezioni hanno   penalizzato il suo partito, rafforzando, di contro, la destra xenofoba.  Il ritorno, se pur   limitato nel tempo, ai controlli sistematici lungo le frontiere interne all’UE è una   pratica abolita dal 1° gennaio 1993, quando la libertà di muoversi liberamente   all’interno dello spazio Schengen rappresentò una delle principali tappe del processo   di integrazione europea (…). Intanto i campi profughi si riempiono e le   condizioni di vita sono spesso disumane. E l’ UE non riesce a passare dalle parole alla   concretezza.   Le previsioni per il 2016 parlano di 60 milioni di profughi nel mondo e di 7/8 milioni   di migranti che faranno rotta sull’Europa e, forse, è solo l’inizio.  Affrontare la realtà   è compito della politica: una politica europea unitaria, che trovi un collante e si   traduca in azioni concrete. Urgenza e pragmatismo: monitoraggio del fenomeno e   mezzi finanziari adeguati per farvi fronte, in una prospettiva che non sia   emergenziale, ma strategica di aiuti, progetti, sdoganamento dell’arretratezza e   sostegno allo sviluppo. Piani di scolarizzazione, di lavoro, sanità e socialità. No allo   sfruttamento di intelligenze, braccia e risorse e fine anche di un celato   neocolonialismo. Politica sorretta da capacità di soluzioni all’altezza della sfida, con   interventi efficaci nei Paesi di transito e prima sosta dei migranti, con sistemi in   grado di intervenire per una immigrazione legale. Integrazione e anche sicurezza,   rispetto e tolleranza devono avere basi solide, anche di reciprocità, non il generico   buonismo e l’ondivaga emotività”.