ll convegno Mangiare bene… invecchiare meglio, ospitato venerdì scorso nel Salone della Provincia, avrà un seguito: entro marzo i soggetti partecipanti, a partire da Asl AT e Cogesa che hanno promosso l’iniziativa, metteranno a punto un progetto comune per migliorare la nutrizione degli anziani nella ristorazione collettiva (case di riposo, centri incontro, comunità residenziali, ecc.).

E’ l’impegno pronunciato da Piero Botto, direttore del Cogesa, nel chiudere i lavori. “Mi preoccupano anche – ha sottolineato il dirigente – i dati sull’obesità infantile, problema reale di cui sempre di più devono farsi carico le agenzie educative e formative”.

L’Asl ha illustrato la propria esperienza di ristorazione rivolta ai pazienti degli ospedali di Asti e Nizza Monferrato che da circa un anno consumano prodotti del territorio secondo menù differenziati (vitto comune e diete personalizzate a seconda della patologia e della condizioni cliniche). “Stiamo monitorando – ha annunciato il direttore generale Luigi Robino – il gradimento del servizio da parte degli utenti, con particolare attenzione al rapporto tra anziani e malnutrizione: i dati saranno pronti entro giugno 2009”.

Come ha ricordato Maria Luisa Amerio, primario di Dietetica e Nutrizione Clinica al Cardinal Massaia, in Italia il 50% degli anziani ospedalizzati risultano non nutriti a sufficienza a causa della malattia, del frequente uso dei farmaci (talvolta creano inappetenza), della difficoltà a deglutire. “Purtroppo spesso la malnutrizione non viene riconosciuta e quindi non ha possibilità di essere trattata” ha indicato la dottoressa. “Migliorare l’alimentazione – ha sottolineato Robino – ha effetti benefici sulla salute e sulla vita dell’anziano, ma non solo: il paziente che sta bene lascia prima l’ospedale per tornare a casa e questo ci aiuta a ridurre i costi di degenza”.

Un plauso al progetto di ristorazione avviato dall’Asl è venuto da Andrea Pezzana, direttore della Struttura di Dietetica e Nutrizione Clinica degli ospedali San Giovanni Antica Sede di Torino. “Anche nella ristorazione collettiva – ha ricordato – troppo spesso aumenta la conoscenza tecnica, ma si perdono i saperi del territorio: ad Asti, invece, hanno ben compreso il tema dell’innovazione nella tradizione”. “Oggi – ha spiegato più tardi Maurizio Soave, direttore provinciale della Coldiretti, ideatrice del Progetto Km 0 – i produttori conferiscono direttamente alla cucine dell’Asl verdura, frutta, carne, latte, saltando così tutti i passaggi dell’intermediazione. La filiera corta significa creare economia per le nostre aziende, ma soprattutto garantire un futuro per le nostre campagne”. 

Il consumatore, ha spiegato Andrea Caudana (Università di Torino), guarda al prodotto tipico perché lo ritiene genuino e sicuro. “E sul nostro territorio la filiera corta – ha aggiunto Fulvio Brusa, assessore provinciale all’Agricoltura – è priva di rischi alimentari, anche grazie a controlli puntuali. E se attualmente è possibile ‘copiare’ il progetto sulla ristorazione messo a punto dall’Asl per estenderlo nelle case di riposo e nelle mense scolastiche, per il futuro dovremo puntare a utilizzare i prodotti locali anche nei ristoranti, proponendo un apposito menu”.

A sostegno della filiera corta – ha ricorda la consigliera regionale Angela Motta – la Regione ha stanziato, nella Finanziaria 2008, un milione di euro. I fondi serviranno a rendere più visibili, e quindi più facilmente acquistabili, i prodotti locali, che si potranno trovare nei mercatini rionali, punti vendita aziendali, fattorie didattiche, ma anche ordinare attraverso i gruppi di acquisto solidali e su Internet. Tra le iniziative innovative, la possibilità di vendere le tipicità nei luoghi d’arte, dai musei ai teatri e centri culturali”. La consigliera ha poi ricordato i punti fondamentali della proposta di legge sulla filiera corta di cui è prima firmataria: fondi sono previsti per gli enti pubblici e i ristoratori che si impegneranno ad acquistare, nell’arco dell’anno, non meno del 50% (i primi) o del 30% (i secondi) di prodotti provenienti dalle aziende piemontesi.

I lavori, moderati da Giuseppe Carlo Camisola, presidente del Cogesa, hanno proposto anche la voce dei consumatori: la vicepresidente A.D.O.C. Roberta Rosso ha tenuto a sottolineare che un altro effetto benefico della filiera corta “sta nella minor produzione di imballaggi da smaltire nell’ambiente”.