ospedaleDomenica 18 gennaio, ore 22.30. Mentre la maggior parte degli astigiani attendeva l’arrivo  del “Blue Monday”, il giorno più triste dell’anno secondo lo studio di uno psicologo inglese,   nell’ospedale Cardinal Massaia di Asti è piena emergenza. Il Pronto Soccorso è saturo e i ricoveri   necessari non trovano spazio nei reparti già al limite del collasso. In particolare quelli di Medicina   generale A e B, dove vengono ospitate degenze di medio e lungo termine.  Per contrastare l’urgenza viene decisa la riapertura eccezionale di quattro posti letto, due in A e due   in B, chiusi in passato per permettere al personale ospedaliero di dare una risposta adeguata ai già   troppi malati che affollano il nosocomio.   In verità parlare di “emergenza” è un eufemismo o una semplice sintesi giornalistica che tende a   riassumere, nei fatti, una situazione endemica.  “Sono settimane che sentiamo dire che la salute degli astigiani è a rischio – dichiara a muso duro   Gabriele Montana, segretario provinciale del sindacato infermieristico Nursind – in realtà il pericolo   esiste ormai da due anni, ossia da quando è stato deciso il blocco delle assunzioni”.  Il timore di Montana è che spenti gli ultimi riflettori sulla possibile chiusura dei reparti al Cardinal   Massaia (rischio rientrato dopo le rassicurazioni dell’assessore regionale alla Sanità Antonio   Saitta), l’ospedale torni nuovamente nel cono d’ombra del disinteresse collettivo, ignorando che   già oggi e con la piena funzionalità dei reparti il personale ospedaliero (infermieri e Oss in primis)   è numericamente incapace di reggere il carico di lavoro che negli anni si è accumulato con il   progressivo pensionamento di molti dipendenti e la mancata assunzione di nuova forza lavoro.  “Ad Asti manca ormai da troppo tempo una graduatoria (l’ultimo concorso è stato indetto nel   2009, ndR), le deroghe per l’assunzione di personale sanitario chieste dall’assessore a Roma sono   un importante segnale ma abbiamo bisogno di risposte nell’immediato”. Le Medicine lavorano   infatti sotto organico ormai da molto molto: “Abbiamo dovuto rinunciare a una collega in quanto   nel reparto di Pediatria ci sono sette maternità e, nel recente passato, a un infermiere trasferitosi   stabilmente in Pronto Soccorso”.  Tagli su tagli mentre i degenti aumentano: “Dobbiamo ricordarci che la genesi dell’ospedale si basa   sul rapporto tra infermiere e paziente, se siamo sempre meno in turno è difficile garantire i servizi di   assistenza ed esponiamo i ricoverati a rischi per la loro salute”. La soluzione, sempre secondo Montana, sarebbe l’assunzione di almeno “50 infermieri e 50 Oss”   e l’implementazione della figura dell’infermiere di famiglia: “Dobbiamo valorizzare l’assistenza   domiciliare per gestire le cronicità ed evitare che diventino acuzie, ausiliando il lavoro dei medici di   base”.  Una decisa riorganizzazione della rete ospedaliera regionale è tra le priorità elencate anche da   Giuseppe Summa, segretario Nursind per la provincia di Torino, all’assessore Saitta: in Piemonte   sono inderogabili “lo sblocco del turn-over e una riorganizzazione di un Ssr ormai non a passo con i   tempi, partendo da un’ immediata assunzione di infermieri, operatori e altro personale, ormai ridotto   drasticamente a causa del blocco del turnover imposto da Roma per il rigido piano di rientro al   quale è sottoposto il Piemonte da diversi anni”. In mancanza di risposte si andrà verso un “blackout   completo” e sarà proclamato, conclude Summa, “lo stato di agitazione regionale”.  A forza di tagliare alberi si finisce che non si ha più la legna per scaldarsi, insegna il “nostro” padre   Francesco… Fabio Ruffinengo