“Colazione da re, pranzo da principe, cena da povero”. Un semplice detto popolare proveniente dai nostri antenati ma dal contenuto scientifico enorme.
Infatti, è proprio l’alimentazione che rappresenta la pietra miliare della longevità, così come la causa di una vasta eterogeneità di patologie attraverso la cronicità nell’assunzione di cibi più o meno salutistici. Portando un esempio, molte patologie cardiovascolari (che rappresentano la prima causa di mortalità nel mondo) sono prevenibili attraverso una sana alimentazione, che non significa “dieta” intesa come riduzione dell’apporto calorico quotidiano (necessaria invece quando il soggetto presenta problematiche di sovrappeso od obesità) ma un apporto bilanciato di tutti quei macro- (proteine, lipidi e carboidrati) e micro-nutrienti (come le vitamine e i sali minerali) che regolano l’omeostasi del nostro organismo.

A tal proposito, sono sempre più numerosi i dati scientifici che sottolineano come una elevata assunzione di zuccheri semplici (come il saccarosio ovvero lo zucchero da cucina o ancor peggio lo sciroppo di glucosio e fruttosio o sciroppo di zucchero invertito) sia correlata ad un aumento del rischio di sovrappeso, insulino-resistenza, iperglicemia, diabete di tipo II, sindrome metabolica, rigidità arteriosa, infiammazione vascolare e tanti altri fattori di rischio e patologie.

L’American Heart Association, alla luce dei risultati scientifici provenienti da decine di anni di studi, suggerisce di non far assaggiare alcun tipo di zucchero aggiunto ai bambini di età inferiore ai due anni, oltre a limitarne caldamente il consumo in tutte le fasce di età compresa quella adulta.

Un discorso analogo può essere fatto con l’uso eccessivo di sale (oggi consumiamo mediamente dai 9 ai 12 gr/die di sale, quando le linee guida dell’OMS ne raccomandano mediamente 5 gr/die e meglio ancora se al di sotto dei 3 gr/die) e lo sviluppo di ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco e nefropatie.

Nonostante tutto, sulla tavola degli italiani gli zuccheri semplici ed il sale tendono ad essere sempre più in abbondanza: certamente, la maggior parte delle grandi aziende alimentari non aiutano, inserendo queste molecole all’interno di quasi tutti i preparati (dalle merendine, alle torte, farine, biscotti, pasta e pane industriali), alterando la capacità gustativa dell’individuo ed ingannandolo nella proposta del prodotto (scadente, ma attraente per la dipendenza gustativa che si viene a creare).

Diventa fondamentale quindi la lettura dell’etichetta dei prodotti che troviamo quotidianamente nei supermercati: nel caso degli alimenti prevalentemente glucidici è meglio preferire per esempio preparati a base di farine non raffinate, meglio ancora se semi-integrali od integrali e macinate a pietra.

Inoltre, una buona strategia può essere quella di prediligere quotidianamente carboidrati complessi come quelli del frumento integrale, segale, orzo, farro, kamut, avena, riso integrale, selvatico e mais, limitando invece l’apporto di carboidrati raffinati (presenti nella maggior parte dei biscotti e torte industriali, farina 00, pasta di semola e pane). I motivi di tali linee guida sono molteplici: uno dei più importanti è legato all’innalzamento glicemico causato dai cibi raffinati, tendenzialmente maggiore rispetto ai non raffinati. Se si prediligono carboidrati complessi infatti, magari con annessa una fonte grassa (mandorle, noci, nocciole), il picco glicemico sarà meno repentino e più lineare rispetto ad una colazione “raffinata” che indurrà il ritorno del senso di fame entro poche ore dal pasto.

Cardine della dieta mediterranea è la frutta, per cui se al primo pasto della giornata aggiungiamo un frutto allora la colazione diventa da “re”: la frutta infatti, così come gli ortaggi in generale, presentano una serie di attività pleiotropiche che proteggono le nostre cellule dall’invecchiamento e da diverse patologie. Contengono infatti i polifenoli, che ripuliscono il nostro corpo da tutti quei metaboliti che si formano in seguito alle reazioni metaboliche che ci tengono in vita.

Il pasto che invece dovrebbe essere rappresentato dall’introito calorico minore è la cena poiché ad essa segue il riposo notturno, quindi da una fase di “riposo metabolico” dell’organismo. Non è necessario introdurre grandi fonti glucidiche la sera, ma piuttosto qualche alimento proteico, meglio se di origine vegetale, come i legumi. Infine, una classe importante di macromolecole che dovrebbe essere sempre presente nella nostra alimentazione sono i grassi, specie quelli mono e poli-insaturi presenti in molti oli vegetali, nei semi ed in parte nel pesce (non di allevamento): essi presentano una funzione anti-infiammatoria oltre ad altre azioni come quella ipotrigliceridemizzante che coadiuvano il benessere cardiovascolare (e non solo). Tali molecole sono da preferirsi ai grassi saturi, come i grassi della carne e dei derivati, del latte, del burro e del formaggio, dello strutto e di alcuni oli vegetali (olio di cocco, di palma e di semi di palma) che non vanno demonizzati, ma che tuttavia in quantità elevate possono essere dannosi per l’organismo.

Se oramai il trattamento farmacologico è più o meno avvertito come un qualcosa di estremamente necessario, soprattutto nei pazienti patologici importanti, non si può dire lo stesso per l’alimentazione. Eppure, il cibo è il nostro farmaco quotidiano, il nostro trattamento cronico per eccellenza, la prima vera medicina da sfruttare in toto. Senza un radicale cambiamento dello stile di vita non possono sorprenderci le statistiche che in Italia vedono un bambino su tre affetto da sindrome metabolica, un aumento dell’incidenza di diabetici di tipo II e di obesi già in fase adolescenziale: molto, moltissimo di questi dati dipende da noi e dall’educazione alimentare che trasmettiamo ai nostri figli e nipoti. Se vogliamo cambiare le abitudini dei nostri bambini, iniziamo a cambiare le nostre, ovviamente non scordandoci mai dell’attività fisica. Ma questo è un altro capitolo.
 

A cura del dott Alessandro Colletti, farmacista –
coordinatore editoriale Sinut (Società italiana di nutraceutica) –
attività di ricerca clinica presso Ospedale Sant’Orsola di Malpighi Bologna